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SLOWMOTION APOCALYPSE - "My Own Private Armageddon"

SLOWMOTION APOCALYPSE - "My Own Private Armageddon"
(Full-lenght, Tribunal Records, Maggio 2005)

Voto: 7/10

Genere: Melodic Death/Metalcore

Line-up: Ivo Boscariol (basso), Tommaso Corte (batteria), Nicolas Milanese (chitarra), Alberto Zannier (voce), Ivan Odorico (chitarra)

Primo album per i friulani Slow Motion Apocalypse, nati dalle ceneri di ToDieFor e Slapstick.Il sound proposto in "My Own Private Armageddon" altro non è che una risultante delle precedenti esperienze dei componenti, il tutto miscelato però in una maniera abbastanza personale capace di costruire una certa linea di demarcazione tra la nuova band e le precedenti.In generale è difficile catalogare con precisione la musica del combo friulano;
le coordinate di riferimento sono comunque attribuibili al classico sound swedish in pieno stile Carnal Forge,il tutto miscelato dalla brutalità e violenza tipica dell'hardcore americano, avvicinandosi con questo crossover sonoro al sound proposto dagli svedesi The Haunted.Il risultato è certamente un album godibile, suonato con grande perizia tecnica ed arrangiamenti mai scontati, che permetterà sicuramente alla band di godere di un buon successo a livello di critica. La band dimostra sin dall'inizio che non ha voglia di scherzare e dopo una breve intro si inizia subito a pestare, con l' opener "The Insomniac" caratterizzata da una valanga di riffs violentissimi che si susseguono a gran velocità ed il cantato di Zannier che riporta alla mente il metal-core più potente attualmente in voga oltreoceano. La cosa che più colpisce però del brano è la facilità con la quale la band riesce a esercitare un vero e proprio assalto frontale, capace di lasciare senza fiato l'ascoltatore il tutto però lasciando intatta quella linea melodica che accompagna sempre i friiulani per tutta la durata dell'album. Impossibile poi rimanere impassibili all'ascolto di mazzate sonore del calibro di "Kill in Progress" e "Vore of Extinction".Piccola variazione al tema ci viene offerta da "Psychic War 2.0" in cui la band diminuisce un pò la velocità dimostrando a tutti che per spaccare non sempre c'è bisogno esclusivamente di sparare riffs a ripetizione.
La song in questione è posta a metà del lavoro e ci introduce al finale dell'album, chiuso alla grande dalla conclusiva "The Art of Blood Drinking" che dimostra tutta la perizia tecnica dei componenti del gruppo con continui ed incalzanti cambi di tempo che rappresenta un degno finale ad un album che ci mostra una band già matura e pronta al definitivo salto di qualità.

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