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SANCTITY - "Road to Bloodshed"

SANCTITY - "Road to Bloodshed"
(Full-lenght, Roadrunner Records, Aprile 2007)

Voto: 4,5/10

Genere: Groove/Metalcore

Line-up: Jeremy London (batteria), Zeff Childress (chitarra), Jared MacEachern (voce, chitarra), Derek Anderson (basso)


Album di debutto per i Sanctity classica new-sensation band che arriva alla pubblicazione di questo "Road to Bloodshed" con la benedizione del frontman dei Trivium, Matt Heafy (capirai avessi detto Lemmy... con tutto il rispetto ovviamente).

Sarebbe troppo facile e riduttivo liquidare il dischetto in questione in tre parole: scontato, ripetitivo, noioso. Basterebbero questi aggettivi infatti per lasciar inteso alla stragrande maggioranza del pubblico metal "maturo" che ci si trova di fronte all' ennesimo prodotto accuratamente e diligentemente pre-confezionato che con il solito sostegno della Roadrunner capace di trasformare in oro anche le cacche di cane raccolte per strada, ed un'accurata rotazione televisiva raggiungeranno gli apici di vendita e di gradimento raggiunti da tante, troppe bands oltreoceano completamente uguali tra loro.
Ma veniamo al punto, e cioè ad entrare più nello specifico di questo "Road to Bloodshed", album che si dipana tra 12 composizioni per 45 minuti complessivi di melodic thrash di stampo fortemente modernista dove metalcore, swedish death e thrash (di quello leccaculo) vengono a fondersi all'interno di una proposta impregnata da quel solito tocco "emo" capace di acuire i difetti, già di per sè piuttosto evidenti, della proposta.
Penso di aver già esaurientemente descritto il sound proposto dal quartetto a stelle e strisce, roba da far accapponare la pelle a qualsiasi amante della musica nella sua essenza e non nella sua apparenza. I Sanctity dunque non sono altro che l' ennesimo prodotto di una scena che corre via via verso un affossamento sempre più netto, inevitabilmente destinato a soccombere che (come per il fenomeno nu di qualche anno fa) spazzerà via, si spera, lavori come questo come al solito definiti dai soliti sapientoni di turno, "il futuro del metal".
Inutile dunque citare un brano più che un altro, a partire dall'opener "Beneath the Machine" fino alla conclusiva "Once Again" tra brani più veloci ed aggressivi ad altri dal ritmo più cadenzato ma che in fin dei conti non fanno altro nel loro complesso che risultare la stessa parte di un complessivo pastone fatto di tecnica esecutiva perfetta, di riffs dotati del giusto appeal aggressivo così come al tempo stesso giustamente e perfettamente "smussati" da una produzione al solito cristallina.
Vi bastano questi elementi per giudicare accettabile un album? Se sì allora probabilmente potrebbe anche vagamente interessarvi questo "Road to Bloodshed", mentre a tutti quelli che dalla musica richiedono qualcosa, anche non necessariamente originalità in senso stretto, cercate di girare largo da questo lavoro.

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