DEVILDRIVER - "The Last Kind Words"
(Full-lenght, Roadrunner Records, Luglio 2007)
Voto: 7/10
Genere: Groove Metal
Line-up: John Boecklin (batteria, chitarra, basso), Mike Spreitzer (chitarra, basso), Jeffrey Kendrick (chitarra), Dez Fafara (voce), Jon Miller (basso, chitarra)
Dez Fafara è sicuramente uno dei personaggi più genuini ed onesti della scena metal attuale. Salito alla ribalta anni orsono quale indiscusso front-man dei sempre sottovalutati Coal Chamber, il buon Dez ha dapprima dettato le regole nell’ambito nu-metal quando questo ancora non significava seguire un trend, e successivamente dopo il "boom" stilistico che aveva oltremodo inflazionato il mercato musicale ha avuto il coraggio, oltrechè l’ onestà, di chiudere definitivamente il discorso con la band e soprattutto con un genere che ormai non gli apparteneva più.
Poteva essere veramente arrivato il tempo della definitiva consacrazione, ma piuttosto che seguire l’ onda del successo nauseato da quell’ improvvisa notorietà il singer americano ruppe definitivamente gli indugi per seguire il suo nuovo progetto Devildriver sull’ onda di un thrash-death moderno e dal fortissimo impatto frontale, inglobando al suo interno elementi comuni alla band d’origine pur rimanendo indissolubilmente attaccato ad un concetto di metal estremo.
"The Last Kind Words" è il terzo capitolo della band a stelle e striscie che arriva a due anni di distanza dal predecessore e che mostra ancora la classe di Fafara unita ad una band capace di creare una musica incredibilmente coinvolgente ed allo stesso tempo estrema.
Ma mettiamo subito le cose in chiaro, l’album in questione rappresenta sicuramente un piccolo passo indietro rispetto ai predecessori. Non stiamo parlando certo di un brutto lavoro, nè tantomeno di un album sottotono a livello di impatto e di potenza, anzi, ma non può non saltare all’orecchio come si avvicini troppo ad un concetto di musica più "europea" che si discosta in parte da quanto Dez e soci ci hanno proposto fin d’ora.
"The Last Kind Words" pur rimanendo fedele ad un concetto di musica moderna e caratterizzato da una base thrash-death in grado di bilanciare potenza e melodie accattivanti vira troppo verso un certo appeal swedish caratterizzato da chitarre melodiche ed un retrogusto metalcore che inevitabilmente porterà qualche critica di troppo.
Per quanto godibile e ben fatto l’album scivola via senza clamori, senza cadute di tensioni certo, ma senza quelle caratteristiche a loro modo malate che avevano contraddistinto un lavoro come l’ omonimo debut probabilmente la miglior sintesi tra il vecchio ed il nuovo Dez.
Del resto basti ascoltare l’ opener "Not All Who Wander Are Lost" (brano destinato a prendere l’ eredità del celebre "I Could Care Less") per intenderci. Ottima prestazione vocale di Fafara, in un assalto frontale piuttosto diretto e giocato su una tecnica strumentale della line-up comune a ben pochi, ma da cui purtroppo non si può non evincere un retrogusto che sa troppo di già sentito.
Retrogusto che si rinviene anche all’ascolto degli altri brani che difettano dello stesso problema della già citata song. "The Last Kind Words" insomma è un album che certamente non va bocciato (anzi!) ma che purtroppo non riesce a confermare quanto di buono fatto dalla band sin d’ora. Sia anche chiaro che Dez non ci ha mai abituato ad album uguali tra loro e che probabilmente quello in questione si tratta solo di un lavoro di transizione. Staremo a vedere, intanto però anche questa volta la band non ha steccato.
Track-list:
01. Not All Who Wander Are Lost
02. Clouds over California
03. Bound by the Moon
04. Horn of Betrayal
05. These Fighting Words
06. Head On to Heartache (Let Them Rot)
07. Burning Sermon
08. Monsters of the Deep
09. Tirades of Truth
10. When Summoned
11. The Axe Shall Fall
(Full-lenght, Roadrunner Records, Luglio 2007)
Voto: 7/10
Genere: Groove Metal
Line-up: John Boecklin (batteria, chitarra, basso), Mike Spreitzer (chitarra, basso), Jeffrey Kendrick (chitarra), Dez Fafara (voce), Jon Miller (basso, chitarra)
Dez Fafara è sicuramente uno dei personaggi più genuini ed onesti della scena metal attuale. Salito alla ribalta anni orsono quale indiscusso front-man dei sempre sottovalutati Coal Chamber, il buon Dez ha dapprima dettato le regole nell’ambito nu-metal quando questo ancora non significava seguire un trend, e successivamente dopo il "boom" stilistico che aveva oltremodo inflazionato il mercato musicale ha avuto il coraggio, oltrechè l’ onestà, di chiudere definitivamente il discorso con la band e soprattutto con un genere che ormai non gli apparteneva più.
Poteva essere veramente arrivato il tempo della definitiva consacrazione, ma piuttosto che seguire l’ onda del successo nauseato da quell’ improvvisa notorietà il singer americano ruppe definitivamente gli indugi per seguire il suo nuovo progetto Devildriver sull’ onda di un thrash-death moderno e dal fortissimo impatto frontale, inglobando al suo interno elementi comuni alla band d’origine pur rimanendo indissolubilmente attaccato ad un concetto di metal estremo.
"The Last Kind Words" è il terzo capitolo della band a stelle e striscie che arriva a due anni di distanza dal predecessore e che mostra ancora la classe di Fafara unita ad una band capace di creare una musica incredibilmente coinvolgente ed allo stesso tempo estrema.
Ma mettiamo subito le cose in chiaro, l’album in questione rappresenta sicuramente un piccolo passo indietro rispetto ai predecessori. Non stiamo parlando certo di un brutto lavoro, nè tantomeno di un album sottotono a livello di impatto e di potenza, anzi, ma non può non saltare all’orecchio come si avvicini troppo ad un concetto di musica più "europea" che si discosta in parte da quanto Dez e soci ci hanno proposto fin d’ora.
"The Last Kind Words" pur rimanendo fedele ad un concetto di musica moderna e caratterizzato da una base thrash-death in grado di bilanciare potenza e melodie accattivanti vira troppo verso un certo appeal swedish caratterizzato da chitarre melodiche ed un retrogusto metalcore che inevitabilmente porterà qualche critica di troppo.
Per quanto godibile e ben fatto l’album scivola via senza clamori, senza cadute di tensioni certo, ma senza quelle caratteristiche a loro modo malate che avevano contraddistinto un lavoro come l’ omonimo debut probabilmente la miglior sintesi tra il vecchio ed il nuovo Dez.
Del resto basti ascoltare l’ opener "Not All Who Wander Are Lost" (brano destinato a prendere l’ eredità del celebre "I Could Care Less") per intenderci. Ottima prestazione vocale di Fafara, in un assalto frontale piuttosto diretto e giocato su una tecnica strumentale della line-up comune a ben pochi, ma da cui purtroppo non si può non evincere un retrogusto che sa troppo di già sentito.
Retrogusto che si rinviene anche all’ascolto degli altri brani che difettano dello stesso problema della già citata song. "The Last Kind Words" insomma è un album che certamente non va bocciato (anzi!) ma che purtroppo non riesce a confermare quanto di buono fatto dalla band sin d’ora. Sia anche chiaro che Dez non ci ha mai abituato ad album uguali tra loro e che probabilmente quello in questione si tratta solo di un lavoro di transizione. Staremo a vedere, intanto però anche questa volta la band non ha steccato.
Track-list:
01. Not All Who Wander Are Lost
02. Clouds over California
03. Bound by the Moon
04. Horn of Betrayal
05. These Fighting Words
06. Head On to Heartache (Let Them Rot)
07. Burning Sermon
08. Monsters of the Deep
09. Tirades of Truth
10. When Summoned
11. The Axe Shall Fall
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