DESTRUCTION - "Inventor of Evil"
(Full-lenght, AFM Records, Agosto 2005)
Voto: 7/10
Genere: Thrash Metal
Line-up: Mike (chitarra), Schmier (basso, voce), Marc "Speedy" Reign (batteria)
In un periodo di piena stagnazione del genere, in cui le nuove leve sembrano essere fatte con lo stampino, mentre le vecchie glorie ci tediano con lavori penosi (vedi ultimi Metallica e Death Angel...) dischi come "Inventor of Evil" sono una vera e propria manna dal cielo.
Mettiamo subito le cose in chiaro, "Inventor of Evil" non è certo un capolavoro, ma un disco onestissimo che ci presenta una band che nonostante gli oltre 20 anni di onorata carriera ha ancora diverse cartucce da sparare.
La cosa che maggiormente salta all'orecchio durante l'ascolto di questo album, è come i Destruction riescano a mantenere intatto il loro sound (che è sempre quello delle origini) pur riuscendo ad inserire al suo interno elementi più moderni che riescono a dare una certa varietà alla proposta.
Già dall'opener "Soul Collector" si capisce che i nuovi Destruction non hanno certo voglia di scherzare, con un durissimo riff iniziale in pieno stile thrash dei begli anni che sfocia in un pezzo con un refrain irresistible sempre in pieno Destruction-style e che si candida ad essere senza ombra di dubbio uno dei futuri classici live della sempreverde band tedesca.
La successiva "The Defiance Will Remain" trasporta l'ascoltatore con un ritmo tiratissimo che farà battere il piedino e non solo a molti; il brano in questione è solo il trampolino di lancio per la successiva "The Alliance of Hellhounz" brano che vede la partecipazione di artisti del calibro di Messiah Marcolin, Shagrath, Doro e Paul DiAnno.
Altri brani che meritano particolare menzione sono senza ombra di dubbio "The Calm Before the Storm" che si apre con un lieve arpeggio di chitarra che sfocia poi in una delle più classiche Destruction-song, e "Seeds of Hate" furiosa come al solito ed arricchita da parti di tastiera che donano una freschezza particolare al brano.
Insomma un album che non deve mancare nella discografia di un vero thrash-fan che pur non facendo gridare al miracolo mostra una band che con profonda umiltà e dedizione porta avanti il proprio discorso musicale senza scendere a compromessi, cosa che ahinoi ha fatto il resto della "vecchia guardia".
(Full-lenght, AFM Records, Agosto 2005)
Voto: 7/10
Genere: Thrash Metal
Line-up: Mike (chitarra), Schmier (basso, voce), Marc "Speedy" Reign (batteria)
In un periodo di piena stagnazione del genere, in cui le nuove leve sembrano essere fatte con lo stampino, mentre le vecchie glorie ci tediano con lavori penosi (vedi ultimi Metallica e Death Angel...) dischi come "Inventor of Evil" sono una vera e propria manna dal cielo.
Mettiamo subito le cose in chiaro, "Inventor of Evil" non è certo un capolavoro, ma un disco onestissimo che ci presenta una band che nonostante gli oltre 20 anni di onorata carriera ha ancora diverse cartucce da sparare.
La cosa che maggiormente salta all'orecchio durante l'ascolto di questo album, è come i Destruction riescano a mantenere intatto il loro sound (che è sempre quello delle origini) pur riuscendo ad inserire al suo interno elementi più moderni che riescono a dare una certa varietà alla proposta.
Già dall'opener "Soul Collector" si capisce che i nuovi Destruction non hanno certo voglia di scherzare, con un durissimo riff iniziale in pieno stile thrash dei begli anni che sfocia in un pezzo con un refrain irresistible sempre in pieno Destruction-style e che si candida ad essere senza ombra di dubbio uno dei futuri classici live della sempreverde band tedesca.
La successiva "The Defiance Will Remain" trasporta l'ascoltatore con un ritmo tiratissimo che farà battere il piedino e non solo a molti; il brano in questione è solo il trampolino di lancio per la successiva "The Alliance of Hellhounz" brano che vede la partecipazione di artisti del calibro di Messiah Marcolin, Shagrath, Doro e Paul DiAnno.
Altri brani che meritano particolare menzione sono senza ombra di dubbio "The Calm Before the Storm" che si apre con un lieve arpeggio di chitarra che sfocia poi in una delle più classiche Destruction-song, e "Seeds of Hate" furiosa come al solito ed arricchita da parti di tastiera che donano una freschezza particolare al brano.
Insomma un album che non deve mancare nella discografia di un vero thrash-fan che pur non facendo gridare al miracolo mostra una band che con profonda umiltà e dedizione porta avanti il proprio discorso musicale senza scendere a compromessi, cosa che ahinoi ha fatto il resto della "vecchia guardia".
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