THE OLD DEAD TREE - "The Perpetual Motion"
(Full-lenght, Season of Mist, Agosto 2005)
Voto: 7/10
Genere: Gothic Metal
Line-up: Manuel Munoz (voce, chitarra), Vincent Danhier (basso), Nicolas Chevrollier (chitarra), Foued Moukid (batteria)
A distanza di due anni dall'uscita del loro ultimo lavoro in studio, tornano alla ribalta con il nuovo album "The Perpetual Motion" i francesi The Old Dead Tree.
Il genere proposto dal combo transalpino si attesta su di un gothic metal mai fine a sè stesso, che ingloba al suo interno elementi che vanno dall' elettronica al dark passando per il death, grazie soprattutto alla poliedricità del singer Manuel Munoz, capace di passare con disarmante disinvoltura dalle clean vocals al growl. Il risultato è un album quasi perfetto, che certamente non annoia mai l'ascoltatore in tutti i 46 minuti di durata grazie ad una certa classe nel songwriting necessaria per non rendere scontati e prolissi lavori come questo. L'album parte subito alla grande con "Out of Breath", brano molto vicino al sound degli ultimi Moonspell (quelli di Everything Invaded per intenderci) che si apre con un soffice arpeggio di chitarra ed un cantato pulito da parte di Munoz che sfocia dopo pochi secondi in una sfuriata elettrica ed un growling che lascia tutti a bocca aperta per la facilità con cui il quartetto francese riesce ad alternare gli umori. L'album prosegue sulle stesse coordinate nei successivi brani, sempre però all'insegna di un'originalità ed una freschezza di idee entusiasmante, dimostrando poi con un brano come "Everyday Life" di essere in grado anche di scrivere ballad stupende senza mai scadere nel pacchiano, cosa di cui difettano il 90% dei gruppi del genere. Neanche il tempo di assaporare al meglio il brano, ecco che arriva il momento migliore dell'album con la seguente "1,2,3,4,5,6,7,8" in cui Munoz e compagni sconfinano sempre più in generi avanguardistici assimilando al meglio la lezione degli ultimi In The Woods.
Altro brano che merita menzione a parte è "My Friends" in cui si rimane spiazzati con un brano death a tutti gli effetti, salvo poi sfociare in armonizzazioni che riportano l'ascoltatore sui binari principali dell'album, che termina con la strumentale e dolce "This is no Farewell" che chiude un disco spettacolare che mi sento di consigliare a tutti quelli che dalla musica vogliono emozioni forti.
(Full-lenght, Season of Mist, Agosto 2005)
Voto: 7/10
Genere: Gothic Metal
Line-up: Manuel Munoz (voce, chitarra), Vincent Danhier (basso), Nicolas Chevrollier (chitarra), Foued Moukid (batteria)
A distanza di due anni dall'uscita del loro ultimo lavoro in studio, tornano alla ribalta con il nuovo album "The Perpetual Motion" i francesi The Old Dead Tree.
Il genere proposto dal combo transalpino si attesta su di un gothic metal mai fine a sè stesso, che ingloba al suo interno elementi che vanno dall' elettronica al dark passando per il death, grazie soprattutto alla poliedricità del singer Manuel Munoz, capace di passare con disarmante disinvoltura dalle clean vocals al growl. Il risultato è un album quasi perfetto, che certamente non annoia mai l'ascoltatore in tutti i 46 minuti di durata grazie ad una certa classe nel songwriting necessaria per non rendere scontati e prolissi lavori come questo. L'album parte subito alla grande con "Out of Breath", brano molto vicino al sound degli ultimi Moonspell (quelli di Everything Invaded per intenderci) che si apre con un soffice arpeggio di chitarra ed un cantato pulito da parte di Munoz che sfocia dopo pochi secondi in una sfuriata elettrica ed un growling che lascia tutti a bocca aperta per la facilità con cui il quartetto francese riesce ad alternare gli umori. L'album prosegue sulle stesse coordinate nei successivi brani, sempre però all'insegna di un'originalità ed una freschezza di idee entusiasmante, dimostrando poi con un brano come "Everyday Life" di essere in grado anche di scrivere ballad stupende senza mai scadere nel pacchiano, cosa di cui difettano il 90% dei gruppi del genere. Neanche il tempo di assaporare al meglio il brano, ecco che arriva il momento migliore dell'album con la seguente "1,2,3,4,5,6,7,8" in cui Munoz e compagni sconfinano sempre più in generi avanguardistici assimilando al meglio la lezione degli ultimi In The Woods.
Altro brano che merita menzione a parte è "My Friends" in cui si rimane spiazzati con un brano death a tutti gli effetti, salvo poi sfociare in armonizzazioni che riportano l'ascoltatore sui binari principali dell'album, che termina con la strumentale e dolce "This is no Farewell" che chiude un disco spettacolare che mi sento di consigliare a tutti quelli che dalla musica vogliono emozioni forti.
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