YOB - "Atma"
(Full-lenght, Profound Lore Records, Agosto 2011)
Voto: 7/10
Genere: Stoner/Doom
Line-up: Aaron Rieseberg (basso, samples), Mike Scheidt (chitarra, voce), Travis Foster (batteria)
Ci sono bands da cui ti aspetti il massimo ad ogni uscita, di quelle che di primo acchitto ti suonano quasi pesanti, di difficile ascolto, ma che via via trovandoti in difficoltà nel cogliere qualcosa ad un semplice e veniale ascolto, ti fanno concentrare sulla musica su ogni singolo passaggio, cogliendo tra le righe emozioni e sensazioni mutevoli ma sempre tremendamente coinvolgenti.
Gli Yob per il sottoscritto sono uno di quei (pochi) gruppi… una band nata e cresciuta nei primi anni del nuovo millennio, capace di rinverdire i fasti di una scena "stoner" fortunatamente evoluta in qualcosa in più che una semplice riproposizione in chiave moderna di quello che fu il suono settantiantiano, in maniera talmente evoluta quasi da perderne ogni riferimento con il concetto di base, merito di due capolavori del calibro di Catharsis (2003) e The Illution of Motion (2004) in cui a colpi di psichedelia acida e forti inflessioni al limite del drone i tre musicisti dell’Oregon salivano alla ribalta come una delle bands più avanguardistiche del panorama musicale di allora.
Dopo un breve split nel 2006, il secondo corso degli statunitensi era ripartito due anni più tardi ed aveva dato alle stampe un altro album di un certo spessore e con tanto entusiasmo ed aspettative attendevo al varco questo Atma, aspettative che in fin dei conti sono state in parte deluse…
Sia chiaro che il 7 è un voto di tutto rispetto, specie considerando il metro di giudizio personale, ma ciò non toglie che gli Yob per l’occasione non riescono a tenere il passo con la qualità dei lavori precedenti.
Manca quella "magia" di base, quelle soluzioni visionarie e soprattutto quella sorta di "trip" in cui la musica arida e desolante della band era solita far intraprendere all’ascoltatore di turno.
Poco muta a livello di struttura dell’album in generale; Atma è composto da cinque brani della durata media di 11 minuti circa che vanno dai sette minuti e mezzo di Upon the Sight of the Other Shore ai sedici di Before we Dreamed of Two.
Si passa dalle atmosfere acide e psichedeliche dell’opener Prepare the Ground in cui una serie di riff dilatati e ripetitivi scandiscono le note di un brano che quantomeno non perde smalto rispetto ad alcuni episodi del passato ma che purtroppo è vittima anch’esso del generale calo di imprevedibilità.
Con la title-track si toccano invece territori più "estremi" tanto nelle vocals quanto nel mood generale oscuro e maggiormente ritmato.
Sia chiaro che se questo Atma fosse uscito dalla penna di un pinco-pallino qualsiasi sarebbe stato un lavoro eccezionale, ma uscito da una band come gli Yob non può non pagare il confronto con i predecessori magari anche ingeneroso ma comunque indispensabile.
Di certo non è un album sconsigliato, anzi, e per alcune soluzioni e passaggi più mainstream potrebbe probabilmente fare l’interesse anche di persone meno avvezze a certe sonorità più avanguardiste.
Aspettandoci un ritorno in pompa magna di Mike Scheidt e soci alla prossima uscita, per il momento va bene anche così.
(Full-lenght, Profound Lore Records, Agosto 2011)
Voto: 7/10
Genere: Stoner/Doom
Line-up: Aaron Rieseberg (basso, samples), Mike Scheidt (chitarra, voce), Travis Foster (batteria)
Ci sono bands da cui ti aspetti il massimo ad ogni uscita, di quelle che di primo acchitto ti suonano quasi pesanti, di difficile ascolto, ma che via via trovandoti in difficoltà nel cogliere qualcosa ad un semplice e veniale ascolto, ti fanno concentrare sulla musica su ogni singolo passaggio, cogliendo tra le righe emozioni e sensazioni mutevoli ma sempre tremendamente coinvolgenti.
Gli Yob per il sottoscritto sono uno di quei (pochi) gruppi… una band nata e cresciuta nei primi anni del nuovo millennio, capace di rinverdire i fasti di una scena "stoner" fortunatamente evoluta in qualcosa in più che una semplice riproposizione in chiave moderna di quello che fu il suono settantiantiano, in maniera talmente evoluta quasi da perderne ogni riferimento con il concetto di base, merito di due capolavori del calibro di Catharsis (2003) e The Illution of Motion (2004) in cui a colpi di psichedelia acida e forti inflessioni al limite del drone i tre musicisti dell’Oregon salivano alla ribalta come una delle bands più avanguardistiche del panorama musicale di allora.
Dopo un breve split nel 2006, il secondo corso degli statunitensi era ripartito due anni più tardi ed aveva dato alle stampe un altro album di un certo spessore e con tanto entusiasmo ed aspettative attendevo al varco questo Atma, aspettative che in fin dei conti sono state in parte deluse…
Sia chiaro che il 7 è un voto di tutto rispetto, specie considerando il metro di giudizio personale, ma ciò non toglie che gli Yob per l’occasione non riescono a tenere il passo con la qualità dei lavori precedenti.
Manca quella "magia" di base, quelle soluzioni visionarie e soprattutto quella sorta di "trip" in cui la musica arida e desolante della band era solita far intraprendere all’ascoltatore di turno.
Poco muta a livello di struttura dell’album in generale; Atma è composto da cinque brani della durata media di 11 minuti circa che vanno dai sette minuti e mezzo di Upon the Sight of the Other Shore ai sedici di Before we Dreamed of Two.
Si passa dalle atmosfere acide e psichedeliche dell’opener Prepare the Ground in cui una serie di riff dilatati e ripetitivi scandiscono le note di un brano che quantomeno non perde smalto rispetto ad alcuni episodi del passato ma che purtroppo è vittima anch’esso del generale calo di imprevedibilità.
Con la title-track si toccano invece territori più "estremi" tanto nelle vocals quanto nel mood generale oscuro e maggiormente ritmato.
Sia chiaro che se questo Atma fosse uscito dalla penna di un pinco-pallino qualsiasi sarebbe stato un lavoro eccezionale, ma uscito da una band come gli Yob non può non pagare il confronto con i predecessori magari anche ingeneroso ma comunque indispensabile.
Di certo non è un album sconsigliato, anzi, e per alcune soluzioni e passaggi più mainstream potrebbe probabilmente fare l’interesse anche di persone meno avvezze a certe sonorità più avanguardiste.
Aspettandoci un ritorno in pompa magna di Mike Scheidt e soci alla prossima uscita, per il momento va bene anche così.
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