SOILWORK - "The Panic Broadcast"
(Full-lenght, Nuclear Blast, Luglio 2010)
Voto: 7/10
Genere: Groove/Metalcore
Line-up: Ola Flink (basso), Sven Karlsson (tastiere), Dirk Verbeuren (battera), Bjorn Strid (voce), Peter Wichers (chitarra), Sylvain Coudret (chitarra)
Inutile girarci intorno, i Soilwork sono diventati una band puramente metalcore e su questo credo ci siano ormai pochi dubbi.
"The Panic Broadcast" è ormai l’ottavo full nella carriera degli svedesi, il terzo negli ultimi cinque anni giunto tra l’altro a distanza di ben tre anni dal predecessore, ed ormai sufficiente per inquadrare defininitivamente le coordinate stilistiche su cui Strid e soci vanno ad orientarsi.
E così il death melodico degli esordi si è trasformato nella realtà attuale, realtà dalla quale la band non si discosta con l’album in questione ed oserei aggiungere che non avrebbe senso tornare indietro a quello che è stato.
E se i precedenti "Stabbing the Drama" e "Sworn to a Great Divide" avevano deluso (perlomeno al sottoscritto), "The Panic Broadcast" a mio parere rappresenta un’uscita più che degna che rilancia in parte il nome della band grazie ad una manciata di brani che, per quanto semplici e piuttosto ancorati alle coordinate stilistiche classiche del genere, riescono a rendere appetibile l’uscita in questione.
Forti del rinnovato duo chitarristico composto da Sylvain Coudret (Scarve) e Peter Wichers (per lui si tratta di un ritorno dopo la "pausa" dell’album precedente), il disco in questione rappresenta pertanto un evidente passo in avanti rispetto al recente passato.
Per quanto a livello stilistico non è che ci si discosti molto dalle ultime uscite, il miglioramento appare piuttosto netto in seno al songwriting decisamente più ispirato per quanto ‘semplice’, fatto del solito riffing veloce e pompato a sostenere le vocals di Strid sempre divise tra screaming e pesanti inserti di clean vocals che fanno dei refrain il loro punto di forza.
Nulla di più semplice insomma, con sporadici inserimenti di samples elettronici mai invasivi come del resto da sempre gli svedesi ci hanno abituato.
Eppure con l’opener "Late for the Kill, Early for the Slaughter" la sensazione di ascoltare la solita minestra riscaldata è evidente, con un brano estremamente aggressivo ma scarno e insipido nella struttura; ma la sensazione è che proseguendo con l’ascolto la qualità generale dell’album salga è evidente, come confermato da "Deliverance is Mine" o dall’ottima "Let This River Flow" a parere del sottoscritto il miglior brano dei Soilwork degli ultimi anni, brano che inizia quasi malinconicamente ed in cui melodia ed aggressività sono bilanciate alla perfezione.
Ma più in generale le songs sembrano godere di quella freschezza compositiva decisamente mancata con le ultime uscite, di quel gusto per la struttura che rende appetibili buona parte dei brani in questione che, malgrado sporadici episodi meno ispirati (vedasi la già citata opener e pochi altri episodi), rende più che appetibile e piacevole l’ascolto sia nei brani più ragionati che in quelli più tirati, ed in tal senso la pompatissima "King of the Threshold" ne è l’esempio lampante.
Non saranno i Soilwork degli esordi certo, ma probabilmente nessuno chiedeva agli svedesi di guardarsi indietro… la coerenza dunque alla fine paga, ed indirizzato (in malo modo) un sentiero come quello intrapreso con gli ultimi lavori, gli scandinavi hanno avuto il grosso merito di perseverare migliorandone il tiro ed il risultato, per quanto possa non accontentare i più "puristi", non ha deluso affatto, anzi!
Track-list:
01. Late for the Kill, Early for the Slaughter
02. Two Lives Worth of Reckoning
03. The Thrill
04. Deliverance is Mine
05. Night Comes Clean
06. King of the Threshold
07. Let This River Flow
08. Epitome
09. The Akuma Afterglow
10. Enter Dog of Pavlov
(Full-lenght, Nuclear Blast, Luglio 2010)
Voto: 7/10
Genere: Groove/Metalcore
Line-up: Ola Flink (basso), Sven Karlsson (tastiere), Dirk Verbeuren (battera), Bjorn Strid (voce), Peter Wichers (chitarra), Sylvain Coudret (chitarra)
Inutile girarci intorno, i Soilwork sono diventati una band puramente metalcore e su questo credo ci siano ormai pochi dubbi.
"The Panic Broadcast" è ormai l’ottavo full nella carriera degli svedesi, il terzo negli ultimi cinque anni giunto tra l’altro a distanza di ben tre anni dal predecessore, ed ormai sufficiente per inquadrare defininitivamente le coordinate stilistiche su cui Strid e soci vanno ad orientarsi.
E così il death melodico degli esordi si è trasformato nella realtà attuale, realtà dalla quale la band non si discosta con l’album in questione ed oserei aggiungere che non avrebbe senso tornare indietro a quello che è stato.
E se i precedenti "Stabbing the Drama" e "Sworn to a Great Divide" avevano deluso (perlomeno al sottoscritto), "The Panic Broadcast" a mio parere rappresenta un’uscita più che degna che rilancia in parte il nome della band grazie ad una manciata di brani che, per quanto semplici e piuttosto ancorati alle coordinate stilistiche classiche del genere, riescono a rendere appetibile l’uscita in questione.
Forti del rinnovato duo chitarristico composto da Sylvain Coudret (Scarve) e Peter Wichers (per lui si tratta di un ritorno dopo la "pausa" dell’album precedente), il disco in questione rappresenta pertanto un evidente passo in avanti rispetto al recente passato.
Per quanto a livello stilistico non è che ci si discosti molto dalle ultime uscite, il miglioramento appare piuttosto netto in seno al songwriting decisamente più ispirato per quanto ‘semplice’, fatto del solito riffing veloce e pompato a sostenere le vocals di Strid sempre divise tra screaming e pesanti inserti di clean vocals che fanno dei refrain il loro punto di forza.
Nulla di più semplice insomma, con sporadici inserimenti di samples elettronici mai invasivi come del resto da sempre gli svedesi ci hanno abituato.
Eppure con l’opener "Late for the Kill, Early for the Slaughter" la sensazione di ascoltare la solita minestra riscaldata è evidente, con un brano estremamente aggressivo ma scarno e insipido nella struttura; ma la sensazione è che proseguendo con l’ascolto la qualità generale dell’album salga è evidente, come confermato da "Deliverance is Mine" o dall’ottima "Let This River Flow" a parere del sottoscritto il miglior brano dei Soilwork degli ultimi anni, brano che inizia quasi malinconicamente ed in cui melodia ed aggressività sono bilanciate alla perfezione.
Ma più in generale le songs sembrano godere di quella freschezza compositiva decisamente mancata con le ultime uscite, di quel gusto per la struttura che rende appetibili buona parte dei brani in questione che, malgrado sporadici episodi meno ispirati (vedasi la già citata opener e pochi altri episodi), rende più che appetibile e piacevole l’ascolto sia nei brani più ragionati che in quelli più tirati, ed in tal senso la pompatissima "King of the Threshold" ne è l’esempio lampante.
Non saranno i Soilwork degli esordi certo, ma probabilmente nessuno chiedeva agli svedesi di guardarsi indietro… la coerenza dunque alla fine paga, ed indirizzato (in malo modo) un sentiero come quello intrapreso con gli ultimi lavori, gli scandinavi hanno avuto il grosso merito di perseverare migliorandone il tiro ed il risultato, per quanto possa non accontentare i più "puristi", non ha deluso affatto, anzi!
Track-list:
01. Late for the Kill, Early for the Slaughter
02. Two Lives Worth of Reckoning
03. The Thrill
04. Deliverance is Mine
05. Night Comes Clean
06. King of the Threshold
07. Let This River Flow
08. Epitome
09. The Akuma Afterglow
10. Enter Dog of Pavlov
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