DEW-SCENTED - "Invocation"
(Full-lenght, Prosthetic Records, Maggio 2010)
Voto: 6,5/10
Genere: Thrash/Death
Line-up: Leif Jensen (voce), Alexander Pahl (basso), Marc-Andree Dieken (batteria), Martin Walczak (chitarra), Michael Borchers (chitarra)
Non sono mai stato un fan particolarmente sfegatato dei Dew-Scented, e questo non ho problemi ad ammetterlo.
La loro ‘genuinità’, la loro attitudine tipicamente old-school e tamarra va infatti di pari passo con un’assenza di idee che aveva del resto preso il sopravvento dopo il fortunatissimo "Ill-Natured" (quello sì, un grande album) ed alcune soluzioni a mio parere troppo derivative ed innaturali che, nel tentativo di fare il verso ad acts europei ben più blasonati, perdeva in maniera decisamente evidente a livello di idee e songwriting.
Basta sparare a zero senza raziocinio alcuno e pescare a piene mani dal proprio back-ground thrash-death impegnandosi a risultare il quanto più old-school possibile, sacrificando tutto il resto?
A mio parere no, ed è proprio questo che ha evitato ai teutonici di fare quel salto di qualità che si chiedeva ad una band ormai attiva da quasi vent’anni (eh sì…) e che ormai giunge quasi inosservata nientemeno che al traguardo dell’ottavo full in studio, e scusate se è poco…
Dopo la prolissa ma necessaria premessa, indispensabile per capire il perchè del voto di cui sopra, andiamo ad analizzare i 46 minuti di musica contenuti in questo "Invocation".
Parto subito dicendo che, questa volta, i Dew-Scented mi hanno finalmente colpito in positivo. L’album in questione pur seguendo infatti le coordinate che contraddistinguono da sempre il mood della band riesce, a differenza dei predecessori a creari brani che per quanto prevedibili e caratterizzati dalla solita monoliticità di fondo, a tirar fuori una manciata di brani che una volta tanto riescono a non risultare l’uno la copia dell’altro.
Sia chiaro che permangono le vocals sguaiate di Leif Jensen che prova ancora a fare inutilmente il verso a Petrozza, riffoni velocissimi e solos improvvisi cui fortunatamente sembra essere dato un pò meno di cattivo gusto (perlomeno sono inseriti nel contesto e non sparati a caso come nel recente passato).
Tutto quello che avete sempre sentito dai tedeschi pertanto viene qui fedelmente riproposto ma come già detto in una veste un pò diversa.
La classica intro strumentale da infatti l’avvio alle danze, aperte da "Arise from Decay" che insieme alla successiva title-track rappresentano gli episodi migliori del lavoro.
Se in passato i Dew-Scented si limitavano a graffiare, in questo contesto riescono anche a catturare quella giusta melodia necessaria per non far passare i brani come un ammasso insensato di riff.
Non mancano episodi più ingenui come nel caso della insipida "Condemnation" ma più in generale il mood che si respira all’interno del lavoro è positivo anche quando i nostri cercano di abbassare un tantinello i ritmi con "A Critical Mass" o con i sei minuti della conclusiva "Slaves of Consent", ma che si sforzano soprattutto a non deludere i propri fans di vecchio corso con un brano su tutti, "Torn to Shreds" votato alla velocità e la devastazione più totale.
Un passo avanti insomma da parte di una band che credevo totalmente eclissata.
Certo nulla per cui strapparsi i capelli, o comunque un album che non passerà per troppo tempo sul mio lettore ma merito al merito, e rispetto al passato credo che siano evidenti i progressi a livello di songwriting.
Line-up:
01. Downfall
02. Arise from Decay
03. The Invocation
04. Have No Mercy on Us
05. Artificial Life
06. Condemnation
07. Totem
08. Torn to Shreds
09. Revel n Contempt
10. A Critical Mass
11. Global Hysteria
12. Slaves of Consent
(Full-lenght, Prosthetic Records, Maggio 2010)
Voto: 6,5/10
Genere: Thrash/Death
Line-up: Leif Jensen (voce), Alexander Pahl (basso), Marc-Andree Dieken (batteria), Martin Walczak (chitarra), Michael Borchers (chitarra)
Non sono mai stato un fan particolarmente sfegatato dei Dew-Scented, e questo non ho problemi ad ammetterlo.
La loro ‘genuinità’, la loro attitudine tipicamente old-school e tamarra va infatti di pari passo con un’assenza di idee che aveva del resto preso il sopravvento dopo il fortunatissimo "Ill-Natured" (quello sì, un grande album) ed alcune soluzioni a mio parere troppo derivative ed innaturali che, nel tentativo di fare il verso ad acts europei ben più blasonati, perdeva in maniera decisamente evidente a livello di idee e songwriting.
Basta sparare a zero senza raziocinio alcuno e pescare a piene mani dal proprio back-ground thrash-death impegnandosi a risultare il quanto più old-school possibile, sacrificando tutto il resto?
A mio parere no, ed è proprio questo che ha evitato ai teutonici di fare quel salto di qualità che si chiedeva ad una band ormai attiva da quasi vent’anni (eh sì…) e che ormai giunge quasi inosservata nientemeno che al traguardo dell’ottavo full in studio, e scusate se è poco…
Dopo la prolissa ma necessaria premessa, indispensabile per capire il perchè del voto di cui sopra, andiamo ad analizzare i 46 minuti di musica contenuti in questo "Invocation".
Parto subito dicendo che, questa volta, i Dew-Scented mi hanno finalmente colpito in positivo. L’album in questione pur seguendo infatti le coordinate che contraddistinguono da sempre il mood della band riesce, a differenza dei predecessori a creari brani che per quanto prevedibili e caratterizzati dalla solita monoliticità di fondo, a tirar fuori una manciata di brani che una volta tanto riescono a non risultare l’uno la copia dell’altro.
Sia chiaro che permangono le vocals sguaiate di Leif Jensen che prova ancora a fare inutilmente il verso a Petrozza, riffoni velocissimi e solos improvvisi cui fortunatamente sembra essere dato un pò meno di cattivo gusto (perlomeno sono inseriti nel contesto e non sparati a caso come nel recente passato).
Tutto quello che avete sempre sentito dai tedeschi pertanto viene qui fedelmente riproposto ma come già detto in una veste un pò diversa.
La classica intro strumentale da infatti l’avvio alle danze, aperte da "Arise from Decay" che insieme alla successiva title-track rappresentano gli episodi migliori del lavoro.
Se in passato i Dew-Scented si limitavano a graffiare, in questo contesto riescono anche a catturare quella giusta melodia necessaria per non far passare i brani come un ammasso insensato di riff.
Non mancano episodi più ingenui come nel caso della insipida "Condemnation" ma più in generale il mood che si respira all’interno del lavoro è positivo anche quando i nostri cercano di abbassare un tantinello i ritmi con "A Critical Mass" o con i sei minuti della conclusiva "Slaves of Consent", ma che si sforzano soprattutto a non deludere i propri fans di vecchio corso con un brano su tutti, "Torn to Shreds" votato alla velocità e la devastazione più totale.
Un passo avanti insomma da parte di una band che credevo totalmente eclissata.
Certo nulla per cui strapparsi i capelli, o comunque un album che non passerà per troppo tempo sul mio lettore ma merito al merito, e rispetto al passato credo che siano evidenti i progressi a livello di songwriting.
Line-up:
01. Downfall
02. Arise from Decay
03. The Invocation
04. Have No Mercy on Us
05. Artificial Life
06. Condemnation
07. Totem
08. Torn to Shreds
09. Revel n Contempt
10. A Critical Mass
11. Global Hysteria
12. Slaves of Consent
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