THE HAUNTED - "Versus"
(Full-lenght, Mazzar Records, 2008)
Voto: 7/10
Genere: Groove/Melodic Death
Line-up: Peter Dolving (voce), Patrik Jensen (chitara), Anders Bjorler (chitarra), Jonas Bjorler (basso), Per M.Jensen (batteria)
Trascorsi due anni dalla pubblicazione del controverso "The Dead Eye" tornano sulle scene gli ormai "ex" Slayer svedesi come (esageratamente) definiti agli esordi discografici…
"Versus" rappresente indubbiamente un altro step nella carriera della band che per l’occasione decide di tornare leggermente sui propri passi, riprendendo in parte a pigiare sull’acceleratore senza dimenticare tuttavia le ultime coraggiose ma forse poco riuscite evoluzioni.
Così chi avrà apprezzato l’album precedente probabilmente avrà modo di apprezzare anche questo ulteriore cambio di stile, chi no invece probabilmente potrà in parte ricredersi.
Dolving e soci del resto erano di fronte ad un bivio: continuare sulla scìa del predecessore rischiando così un ulteriore buco nell’acqua o tornare alle origini; alla fine "Versus" rappresenta una giustissima e saggia ‘via di mezzo’, aggiungerei anche piuttosto lecita visto che nel bene o nel male (che poi chi è che può arrogarsi il diritto di deciderlo???) la vena artistica va seguita sempre e comunque.
Il disco in questione è un album che torna così a pestare ma con un occhio ben rivolto alle ultime evoluzioni, con innesti di clean vocals (su cui la band arriva a costruire per intero brani piuttosto che nel solito refrain di turno) ed un’attenzione sempre piuttosto marcata all’aspetto più melodico.
Il tutto però abbinato ad una produzione che rasenta la perfezione (opera di Tue Madsen) rendendo così più appetibile la proposta rispetto al recente passato e donando al sound un maggior impatto.
Già dall’opener "Moronic Colossus" si intravedono i primi evidenti cambiamenti; i suoni sono più decisi, Dolving è meno interpretativo rispetto al passato, ma la componente maggiormente "core" è amplificata ai massimi livelli.
Tanta potenza senza perdere di vista quel retrogusto melodico mai celato dalla band di Gothenburg, un’ulteriore evoluzione che trova il suo apice compositivo in "Trenches" classico esempio della capacità del combo scandinavo di creare un sound accattivante in cui l’incrociarsi tra melodia e velocità oltre alla potenza dei suoni rappresenta la caratteristica principale.
Anche la struttura dei brani rispetto a "The Dead Eye" è notevolmente snellita, basti ascoltare in tal senso "Ceremony" giocata interamente su un giro di chitarra che tende a ripetersi per quasi tutto il brano, così come quell’aura più ‘oscura’ sembra essere riproposta anche in questa sede.
Non a caso l’intermezzo "Skuld" aperto dalla voce pulita di Dolving ed un cupo arpeggio di chitarra rappresenta un’interessante sperimentazione che spezza i ritmi dell’album traghettando l’ascoltatore alla seconda parte del disco che, a parte l’assalto frontale di "Crusher", è giocato proprio sui mid-tempos ed una predilezione per brani più ragionati e per certi versi affascinati come "Rivers Run" e soprattutto "Iron Mask" brano in cui Dolving si cimenta quasi esclusivamente con la voce pulita.
Insomma, a parere del sottoscritto "Versus" rappresenta un passo in avanti rispetto al suo predecessore. A favore del nuovo lavoro giocano sicuramente idee forse più chiare e soprattutto una produzione più pulita e potente che riesce a donare quel qualcosa in più alla proposta.
Non sono più i The Haunted degli esordi questo rimane piuttosto chiaro, ma probabilmente (anzi, sicuramente) tornare indietro non avrebbe alcun senso.
Track-list:
01. Moronic Colossus
02. Pieces
03. Little Cage
04. Trenches
05. Ceremony
06. Skuld
07. Crusher
08. Rivers Run
09. Iron Mask
10. Faultline
11. Imperial Death March
(Full-lenght, Mazzar Records, 2008)
Voto: 7/10
Genere: Groove/Melodic Death
Line-up: Peter Dolving (voce), Patrik Jensen (chitara), Anders Bjorler (chitarra), Jonas Bjorler (basso), Per M.Jensen (batteria)
Trascorsi due anni dalla pubblicazione del controverso "The Dead Eye" tornano sulle scene gli ormai "ex" Slayer svedesi come (esageratamente) definiti agli esordi discografici…
"Versus" rappresente indubbiamente un altro step nella carriera della band che per l’occasione decide di tornare leggermente sui propri passi, riprendendo in parte a pigiare sull’acceleratore senza dimenticare tuttavia le ultime coraggiose ma forse poco riuscite evoluzioni.
Così chi avrà apprezzato l’album precedente probabilmente avrà modo di apprezzare anche questo ulteriore cambio di stile, chi no invece probabilmente potrà in parte ricredersi.
Dolving e soci del resto erano di fronte ad un bivio: continuare sulla scìa del predecessore rischiando così un ulteriore buco nell’acqua o tornare alle origini; alla fine "Versus" rappresenta una giustissima e saggia ‘via di mezzo’, aggiungerei anche piuttosto lecita visto che nel bene o nel male (che poi chi è che può arrogarsi il diritto di deciderlo???) la vena artistica va seguita sempre e comunque.
Il disco in questione è un album che torna così a pestare ma con un occhio ben rivolto alle ultime evoluzioni, con innesti di clean vocals (su cui la band arriva a costruire per intero brani piuttosto che nel solito refrain di turno) ed un’attenzione sempre piuttosto marcata all’aspetto più melodico.
Il tutto però abbinato ad una produzione che rasenta la perfezione (opera di Tue Madsen) rendendo così più appetibile la proposta rispetto al recente passato e donando al sound un maggior impatto.
Già dall’opener "Moronic Colossus" si intravedono i primi evidenti cambiamenti; i suoni sono più decisi, Dolving è meno interpretativo rispetto al passato, ma la componente maggiormente "core" è amplificata ai massimi livelli.
Tanta potenza senza perdere di vista quel retrogusto melodico mai celato dalla band di Gothenburg, un’ulteriore evoluzione che trova il suo apice compositivo in "Trenches" classico esempio della capacità del combo scandinavo di creare un sound accattivante in cui l’incrociarsi tra melodia e velocità oltre alla potenza dei suoni rappresenta la caratteristica principale.
Anche la struttura dei brani rispetto a "The Dead Eye" è notevolmente snellita, basti ascoltare in tal senso "Ceremony" giocata interamente su un giro di chitarra che tende a ripetersi per quasi tutto il brano, così come quell’aura più ‘oscura’ sembra essere riproposta anche in questa sede.
Non a caso l’intermezzo "Skuld" aperto dalla voce pulita di Dolving ed un cupo arpeggio di chitarra rappresenta un’interessante sperimentazione che spezza i ritmi dell’album traghettando l’ascoltatore alla seconda parte del disco che, a parte l’assalto frontale di "Crusher", è giocato proprio sui mid-tempos ed una predilezione per brani più ragionati e per certi versi affascinati come "Rivers Run" e soprattutto "Iron Mask" brano in cui Dolving si cimenta quasi esclusivamente con la voce pulita.
Insomma, a parere del sottoscritto "Versus" rappresenta un passo in avanti rispetto al suo predecessore. A favore del nuovo lavoro giocano sicuramente idee forse più chiare e soprattutto una produzione più pulita e potente che riesce a donare quel qualcosa in più alla proposta.
Non sono più i The Haunted degli esordi questo rimane piuttosto chiaro, ma probabilmente (anzi, sicuramente) tornare indietro non avrebbe alcun senso.
Track-list:
01. Moronic Colossus
02. Pieces
03. Little Cage
04. Trenches
05. Ceremony
06. Skuld
07. Crusher
08. Rivers Run
09. Iron Mask
10. Faultline
11. Imperial Death March
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