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RUSTED DAWN - "The Black Tides of War"

RUSTED DAWN - "The Black Tides of War"
(Full-lenght, Diminished Fifth Records, Marzo 2010)

Voto: 6/10

Genere: Thrash/Hardcore

Line-up: Chad (basso), Justin (chitarra), Jeremy (voce, chitarra), Luke (batteria)

Mi capita non di rado di questi periodi di imbattermi in lavori in cui uno spirito puramente punk/hardcore viene fuso all’interno di una proposta tipicamente definibile thrash metal… Moda del momento? Probabilmente sì, sulla scorta dei successi che continuano a raccogliere acts celebri del calibro di Municipal Waste e compagnia varia.

E come dietro tutte le mode del momento, c’è sempre il rovescio della medaglia. Se da una parte infatti ascoltatori come il sottoscritto possono in qualche modo godere di un mix sonoro decisamente gradevole, sull’altro fronte bisogna invece vedersela con proposte decisamente sotto tono.
Era già successo in tempi recenti con i Blood Pollution, è (quasi) successo con il dischetto in questione…
I Rusted Dawn sono un giovane combo canadese, arrivato con questo "The Black Tides of War" alla pubblicazione del primo full ufficiale; come avrete capito dall’inizio della recensione, l’album si muove su coordinate stilistiche ben precise, caratterizzate da un thrash in stile tipicamente americano con forti (anzi direi fortissime) inflessioni punk-hardcore. Dunque al diavolo la pulizia del suono, al diavolo gli assoli, al diavolo vocals al vetriolo o altri orpelli vari… e direi… che figata!!! Sì certo, che figata se solo però si raggiungesse l’obiettivo. O meglio: a cosa dovrebbero servire lavori come questo? Semplice, a scatenare l’headbanging più sfrenato, a galvanizzare l’ascoltatore, a schiantarsi in piena marcia contro un muro di suono senza troppi fronzoli. Obiettivo raggiunto? Alla fine solo in extremis, perchè sebbene l’album in questione contenga alcuni brani pregevoli, di certo l’ascolto – specie i primi minuti – non mostra particolari segni positivi.
Questo perchè i Rusted Dawn tendono a perdersi nel classico bicchiere d’acqua, tentano in un certo qual modo di rendere il punk solo un’influenza di fondo prediligendo strutture inizialmente più intricate e maggiormente tendenti al thrash duro e puro, elemento questo che purtroppo non fa che togliere un pò di senso al lavoro.
Ha utilità dunque sparare riff su riff in rapidissima successione e tentare di dilatare la struttura del brano fino a 5-6 minuti? Assolutamente nessun senso, ed anzi alla fine non fa che produrre l’effetto contrario.
Un esempio: Ascoltate i quasi sette minuti di "Walking Streets" per rendervi conto come un brano che dopo due minuti ha detto già tutto, viene forzatamente gonfiato con rallentamenti inutili quanto piuttosto goffi.
Per fortuna che il quartetto canadese limita tutto questo solo ad una manciata di brani riuscendo a riprendersi specie a metà lavoro grazie a schegge sonore di una certa rilevanza quali le varie "By the Hammer of Thor", "Derelict" e soprattutto "Stigmantis" che nel suo minuto scarso di durata piazza la classica zampata tipicamente hardcore del lotto.
Un classico incompiuto insomma, che riesce nell’impresa del classico "salvataggio in corner", nel senso che il lavoro alla fin fine tutto sommato tiene il passo di una sufficienza risicata che rappresenta al meglio un lavoro che passerà tranquillamente inosservato ma cui un’ascoltata non può essere negata dagli amanti di certi tipi di sound. Si poteva fare di meglio però…

Track-list:

01. Prologue
02. Red Collar
03. Walking Streets
04. By the Hammer of Thor
05. Derelict
06. Master Species
07. Stigmantis
08. Where Turns the Tide
09. I Am Becoming Death
10. The Black Tides of War

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