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FLOTSAM AND JETSAM - "The Cold"

FLOTSAM AND JETSAM - "The Cold"
(Full-lenght, Driven Music, Settembre 2010)

Voto: 5/10

Genere: Power/Thrash

Line-up: Erik A.K. (voce), Mark Simpson (chitarra), Jason Ward (basso), Craig Nielsen (batteria)


Cinque anni dopo Dreams of Death tornano in pista gli statunitensi Flotsam and Jetsam una delle band di punta del "sottobosco" thrash statunitense degli anni ottanta.
The Cold è ormai il decimo full del combo dell’Arizona che non fa che confermare la parabola discendente di un gruppo che, a parere del sottoscritto, con i primi tre lavori scrisse pagine interessantissime all’interno del proprio genere ma cadendo nell’anonimato pressochè totale delle uscite successive.

Ed infatti, mentre l’attività discografica di Knutson e compagni era esplosa nella seconda metà degli anni ’90 con quattro album a cavallo tra 1995 e 2001 molto più rada era stata la produzione artistica successiva tanto che l’album in questione esce fuori tra l’indifferenza più totale.
Ma cosa rappresentano i Flotsam and Jetsam nel 2010? Sicuramente quello di una band conosciuta più per la militanza agli esordi di Jason Newsted che altro, e di certo gli stessi musicisti non è che abbiano fatto tanto per far dimenticare lo storico bassista.
Partiamo dalla considerazione che ormai di thrash i nostri hanno solo la catalogazione degli esordi. Praticamente poco o nulla è rimasto degli esordi ed i nostri si cimentano con un onesto e roccioso power in pieno "American style" caratterizzato qui e lì da qualche ripartenza improvvisa e tanta melodia di fondo.
Eppure il ritorno dell’axe-man Michael Gilbert sin dagli esordi con la band abbandonata dieci anni orsono, lasciava presagire qualcosa di meglio.
Alla fine The Cold è un passo indietro evidente anche al confronto con il precedente lavoro e malgrado qualche canzoncina dal refrain azzeccato, l’album si trascina stancamente lungo i 52 minuti di durata.
La prima parte del lavoro peraltro è quella che presenta i brani peggiori dell’intero lotto, sia che si parli dell’opener Hypocrite in cui non bastano ripartenze pseudo-thrashettone nel finale per innalzare la qualità di una song anonima così come la successiva Take. E se l’oscura title-track si dipana in sette minuti aperti da un arpeggio ed incapace di imboccare la giusta progressione, allora ecco che basterebbe descrivere queste prime tracce per archiviare definitivamente il lavoro in questione.
Ma non siamo così frettolosi perchè l’ascolto nel prosieguo tutto sommato fa intravedere qualche bagliore di luce specie nella seconda parte in cui a prendere il sopravvento è tuttavia la melodia.
Better Off Dead è il classico power a stelle e striscie da presa diretta, un qualcosa sulla scia degli Iced Earth insomma, ma rispetto alla band di Barlow manca la giusta aggressività.
Always è un altro brano ben strutturato, dotato di un refrain di facile ed immediata presa che invoglia l’ascoltatore quasi a canticchiarlo… anche in questo caso melodia a palate, scarsa aggressività ma quantomeno un minimo di buon gusto.
Ma oggettivamente parlando, basta usare "buon gusto" per rendere un album appetibile? A mio parere no, e penso a parere di chiunque si avvicini ad un disco "metal" nel senso specifico della parola.
Pertanto non mi sento di salvare un album insipido che potrà interessare a qualcuno ma che alla fin fine non fa che affossare ulteriormente un nome per certi versi storico che tornava a distanza di cinque anni dopo un lavoro (il precedente Dreams of Death) assolutamente da non buttare via.

Track-list:

01. Hypocrite
02. Take
03. The Cold
04. Black Cloud
05. Blackened Eyes Staring
06. Better Off Dead
07. Falling Short
08. Always
09. K.Y.A.
10. Secret Life

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