SPIRITUAL BEGGARS - "Return to Zero"
(Full-lenght, Trooper Entertainment, Agosto 2010)
Voto: 6/10
Genere: Hard Rock/Stoner
Line-up: Michael Amott (chitarra), Ludwig Witt (batteria), Per Wiberg (tastiere), Sharlee D'Angelo (basso), Apollo Papanathanasio (voce)
Passati ormai cinque anni dall’uscita dell’ultimo album e metabolizzato il terzo avvicendamento dietro al microfono con l’arrivo di Apollo Papathanasio (già ugola degli statunitensi Firewind), tornano in pista gli Spiritual Beggars creatura del duo "made in Arch Enemy" Amott–D’Angelo.
Come già accadde in passato con la dipartita del mitico Spice vocalist del primo corso della band, ecco anche in quest’occasione aprirsi un nuovo "ciclo" all’interno della musica degli svedesi che pur rimanendo saldamente ancorata al classico filone hard rock settantiano si avvicina ulteriormente a lidi più "mainstream" e radiofonici.
Inutile girarci intorno, dall’ottimo Ad Astra (2000) in poi la musica degli svedesi si è in un certo qual senso "semplificata" o meglio adattata ad un canone musicale più al passo dei tempi, una sorta di attualizzazione del vecchio e caro seventies-sound.
Il risultato? Un album certamente non esaltante, estremamente semplice e senza soluzioni particolarmenti interessanti; nulla per cui strapparsi i capelli insomma, ma con la consapevolezza di ascoltare una manciata di brani comunque ben fatti e ben suonati, seguiti da una produzione decisamente all’altezza della situazione ed una eccellente prestazione vocale di Papathanasio che conferma dietro al microfono le doti già mostrate con la sua band originale.
E così spazio tanto a brani più "cupi" quali Lost in Yesterday quanto ad altri più classicamente rock su tutte Star Born o Coming Home.
Non ci sono pertanto riff che rimarranno in mente all’ascoltatore, niente passaggi particolari ma solo 57 minuti di musica che senza troppe pretese mostra comunque buon gusto mantenendosi sulle stesse coordinate per la quasi totalità dell’album arricchito dalle classiche ballads – a dire il vero meno ispirate – come l’ottantiana Spirit of the Wind o The Road Less Travelled in assoluto il brano meno ispirato del lotto giocato su una mal riuscita melodia tastieristica.
Decisamente troppo poco insomma per una band attesa al varco da cinque anni, peraltro dopo un album poco convincente come il precedente.
Di certo non può passare inosservata la vena compositiva della band in grado di creare comunque melodie di presa sull’ascoltatore, troppo poco però per guadagnare più di una sufficienza striminzita.
Track-list:
01. Return to Zero (Intro)
02. Lost in Yesterday
03. Star Born
04. The Chaos of Rebirth
05. We Are Free
06. Spirit of the Wind
07. Coming Home
08. Concrete Horizon
09. A New Dawn Rising
10. Believe in Me
11. Dead Weight
12. The Road Less Travelled
13. Time to Live (Uriah Heep cover)
(Full-lenght, Trooper Entertainment, Agosto 2010)
Voto: 6/10
Genere: Hard Rock/Stoner
Line-up: Michael Amott (chitarra), Ludwig Witt (batteria), Per Wiberg (tastiere), Sharlee D'Angelo (basso), Apollo Papanathanasio (voce)
Passati ormai cinque anni dall’uscita dell’ultimo album e metabolizzato il terzo avvicendamento dietro al microfono con l’arrivo di Apollo Papathanasio (già ugola degli statunitensi Firewind), tornano in pista gli Spiritual Beggars creatura del duo "made in Arch Enemy" Amott–D’Angelo.
Come già accadde in passato con la dipartita del mitico Spice vocalist del primo corso della band, ecco anche in quest’occasione aprirsi un nuovo "ciclo" all’interno della musica degli svedesi che pur rimanendo saldamente ancorata al classico filone hard rock settantiano si avvicina ulteriormente a lidi più "mainstream" e radiofonici.
Inutile girarci intorno, dall’ottimo Ad Astra (2000) in poi la musica degli svedesi si è in un certo qual senso "semplificata" o meglio adattata ad un canone musicale più al passo dei tempi, una sorta di attualizzazione del vecchio e caro seventies-sound.
Il risultato? Un album certamente non esaltante, estremamente semplice e senza soluzioni particolarmenti interessanti; nulla per cui strapparsi i capelli insomma, ma con la consapevolezza di ascoltare una manciata di brani comunque ben fatti e ben suonati, seguiti da una produzione decisamente all’altezza della situazione ed una eccellente prestazione vocale di Papathanasio che conferma dietro al microfono le doti già mostrate con la sua band originale.
E così spazio tanto a brani più "cupi" quali Lost in Yesterday quanto ad altri più classicamente rock su tutte Star Born o Coming Home.
Non ci sono pertanto riff che rimarranno in mente all’ascoltatore, niente passaggi particolari ma solo 57 minuti di musica che senza troppe pretese mostra comunque buon gusto mantenendosi sulle stesse coordinate per la quasi totalità dell’album arricchito dalle classiche ballads – a dire il vero meno ispirate – come l’ottantiana Spirit of the Wind o The Road Less Travelled in assoluto il brano meno ispirato del lotto giocato su una mal riuscita melodia tastieristica.
Decisamente troppo poco insomma per una band attesa al varco da cinque anni, peraltro dopo un album poco convincente come il precedente.
Di certo non può passare inosservata la vena compositiva della band in grado di creare comunque melodie di presa sull’ascoltatore, troppo poco però per guadagnare più di una sufficienza striminzita.
Track-list:
01. Return to Zero (Intro)
02. Lost in Yesterday
03. Star Born
04. The Chaos of Rebirth
05. We Are Free
06. Spirit of the Wind
07. Coming Home
08. Concrete Horizon
09. A New Dawn Rising
10. Believe in Me
11. Dead Weight
12. The Road Less Travelled
13. Time to Live (Uriah Heep cover)
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