OVERKILL - "Ironbound"
(Full-lenght, Nuclear Blast, Gennaio 2010)
Voto: 7/10
Genere: Thrash/Heavy
Line-up: Bobby Ellsworth (voce), Dave Linsk (chitarra), DD Verni (basso), Ron Lipnick (batteria)
Gli Overkill, per i pochi che non lo sapessero, sono un pezzo di storia. Attivi da ormai 30 anni, da sempre sono giustamente annoverati tra i fondatori della scena speed-thrash made in Bay Area, pur avendo la sfortuna di essere rimasti sempre all’ombra dei "mostri sacri" del genere (Metallica, Megadeth, Slayer e Testament).
Una storia vissuta attraverso uscite regolari, senza interruzioni e senza tentennamenti il tutto dall’esordio ("Feel the Fire" – 1985) e soprattutto senza "leccaculismi" di sorta come invece hanno fatto illustri colleghi citando ad esempio tanto Megadeth quanto Metallica.
Un vero e proprio monumeto alla coerenza insomma, in cui intorno al front-man e singer Bobby Ellsworth si sono avvicendati pochi altri, lasciando quasi costantemente inalterata la line-up e tirando fuori così anche lavori interessanti e soprattutto sempre coerenti alla stessa linea di fondo.
Nell’anno del trentennale della nascita della band ha dunque ancora senso parlare di un lavoro degli Overkill? Certamente… e questo, lo dico chiaramente, per due motivi in particolare: 1) la già citata coerenza di fondo con cui Ellsworth e soci hanno sempre fermamente portato avanti il loro progetto; 2) la mancanza, malgrado tutto, di veri e propri "capolavori" nella loro discografia a dispetto di altri. Ed è su quest’ultimo punto che intenderei soffermarmi; perchè quando si va a valutare lavori come quello dei Megadeth tanto per citare un esempio, non si può giocoforza non pensare al passato ed aspettarsi sempre qualcosa di molto simile ai vari masterpiece tirati fuori nell’arco della carriera. Quando si va a valutare un’uscita degli Overkill invece, puntualmente ne viene fuori tutto quello che un fan della band del New Jersey si può aspettare e, a giudizio del sottoscritto, non può questo essere un dettaglio da sottovalutare.
Ed "Ironbound" non si sottrae certo a quest’equazione vincente; ad iniziare dall’artwork caratterizzato dal solito cattivo gusto di una band che nel corso degli anni sembra essersi quasi impegnata a tirar fuori copertine oggettivamente brutte (eh sì, anche di questo gli va dato atto…) fino ad arrivare ai 58 minuti di musica qui contenuti, che possiamo semplicemente riassumere come 100% Overkill senza alcuna deviazione di sorta.
Se proprio vogliamo trovare qualche differenza rispetto al passato recente infatti, possiamo solo notare una predilezione per brani più o meno lunghi che ad eccezione dei quattro minuti scarsi della diretta e potente "Bring me to Night" si attestano su una durata media di sei minuti circa, ma sono solo dettagli…
In generale dunque gli stessi clichet di sempre sono qui fedelmente riproposti ad uso e consumo di ogni singolo fan, a partire dal cantato sguaiato di Ellsworth, che personalmente non ho mai particolarmente apprezzato ma che fa degnamente parte del trademark degli americani, fino ad arrivare alle rocciose chitarre del duo Linsk-Tailer, e le ritmiche ultraveloci dettate da un ispiratissimo Ron Lipnicki dietro le pelli.
Impossibile e peraltro inutile anche citare a parte un singolo brano contenuto in "Ironbound", sia che si tratti della lunga e articolata opener "The Green and the Black" sia che invece si vadano ad analizzare quei brani se vogliamo più diretti e semplici nella struttura come "Endless War" e "In Vain".
Una citazione a parte la merita invece la produzione curata dagli Overkill stessi in collaborazione con un vero guru del calibro di Peter Tagtgren che imprime alla proposta quella potenza necessaria che esalta al meglio ogni singolo passaggio strumentale.
Certo non che siano presenti picchi compositivi particolarmente elevati, ma davvero sono ben poche le bands (togliendo i soliti noti) che giunti al sedicesimo full dopo trent’anni di onorata carriera come gli Overkill, riescano ancora a tirare fuori album così genuini senza doversi piegare a quelle che sono le regole del mercato o ad influenze tendenti ad avvicinare nuovi fans.
Insomma, album consigliatissimo a tutti gli aficionados di vecchio corso di Ellsworth & Co. e magari, perchè no, un interessante motivo per i più giovani ad avvicinarsi al sound di una band che per quanto più marginale rispetto ai soliti nomi ha rappresentato comunque un capitolo importantissimo nella storia del genere.
Track-list:
01. The Green and Black
02. Ironbound
03. Bring me the Night
04. The Goal Is Your Soul
05. Give a Little
06. Endless War
07. The Head and Heart
08. In Vain
09. Killing for a Living
10. The SRL
(Full-lenght, Nuclear Blast, Gennaio 2010)
Voto: 7/10
Genere: Thrash/Heavy
Line-up: Bobby Ellsworth (voce), Dave Linsk (chitarra), DD Verni (basso), Ron Lipnick (batteria)
Gli Overkill, per i pochi che non lo sapessero, sono un pezzo di storia. Attivi da ormai 30 anni, da sempre sono giustamente annoverati tra i fondatori della scena speed-thrash made in Bay Area, pur avendo la sfortuna di essere rimasti sempre all’ombra dei "mostri sacri" del genere (Metallica, Megadeth, Slayer e Testament).
Una storia vissuta attraverso uscite regolari, senza interruzioni e senza tentennamenti il tutto dall’esordio ("Feel the Fire" – 1985) e soprattutto senza "leccaculismi" di sorta come invece hanno fatto illustri colleghi citando ad esempio tanto Megadeth quanto Metallica.
Un vero e proprio monumeto alla coerenza insomma, in cui intorno al front-man e singer Bobby Ellsworth si sono avvicendati pochi altri, lasciando quasi costantemente inalterata la line-up e tirando fuori così anche lavori interessanti e soprattutto sempre coerenti alla stessa linea di fondo.
Nell’anno del trentennale della nascita della band ha dunque ancora senso parlare di un lavoro degli Overkill? Certamente… e questo, lo dico chiaramente, per due motivi in particolare: 1) la già citata coerenza di fondo con cui Ellsworth e soci hanno sempre fermamente portato avanti il loro progetto; 2) la mancanza, malgrado tutto, di veri e propri "capolavori" nella loro discografia a dispetto di altri. Ed è su quest’ultimo punto che intenderei soffermarmi; perchè quando si va a valutare lavori come quello dei Megadeth tanto per citare un esempio, non si può giocoforza non pensare al passato ed aspettarsi sempre qualcosa di molto simile ai vari masterpiece tirati fuori nell’arco della carriera. Quando si va a valutare un’uscita degli Overkill invece, puntualmente ne viene fuori tutto quello che un fan della band del New Jersey si può aspettare e, a giudizio del sottoscritto, non può questo essere un dettaglio da sottovalutare.
Ed "Ironbound" non si sottrae certo a quest’equazione vincente; ad iniziare dall’artwork caratterizzato dal solito cattivo gusto di una band che nel corso degli anni sembra essersi quasi impegnata a tirar fuori copertine oggettivamente brutte (eh sì, anche di questo gli va dato atto…) fino ad arrivare ai 58 minuti di musica qui contenuti, che possiamo semplicemente riassumere come 100% Overkill senza alcuna deviazione di sorta.
Se proprio vogliamo trovare qualche differenza rispetto al passato recente infatti, possiamo solo notare una predilezione per brani più o meno lunghi che ad eccezione dei quattro minuti scarsi della diretta e potente "Bring me to Night" si attestano su una durata media di sei minuti circa, ma sono solo dettagli…
In generale dunque gli stessi clichet di sempre sono qui fedelmente riproposti ad uso e consumo di ogni singolo fan, a partire dal cantato sguaiato di Ellsworth, che personalmente non ho mai particolarmente apprezzato ma che fa degnamente parte del trademark degli americani, fino ad arrivare alle rocciose chitarre del duo Linsk-Tailer, e le ritmiche ultraveloci dettate da un ispiratissimo Ron Lipnicki dietro le pelli.
Impossibile e peraltro inutile anche citare a parte un singolo brano contenuto in "Ironbound", sia che si tratti della lunga e articolata opener "The Green and the Black" sia che invece si vadano ad analizzare quei brani se vogliamo più diretti e semplici nella struttura come "Endless War" e "In Vain".
Una citazione a parte la merita invece la produzione curata dagli Overkill stessi in collaborazione con un vero guru del calibro di Peter Tagtgren che imprime alla proposta quella potenza necessaria che esalta al meglio ogni singolo passaggio strumentale.
Certo non che siano presenti picchi compositivi particolarmente elevati, ma davvero sono ben poche le bands (togliendo i soliti noti) che giunti al sedicesimo full dopo trent’anni di onorata carriera come gli Overkill, riescano ancora a tirare fuori album così genuini senza doversi piegare a quelle che sono le regole del mercato o ad influenze tendenti ad avvicinare nuovi fans.
Insomma, album consigliatissimo a tutti gli aficionados di vecchio corso di Ellsworth & Co. e magari, perchè no, un interessante motivo per i più giovani ad avvicinarsi al sound di una band che per quanto più marginale rispetto ai soliti nomi ha rappresentato comunque un capitolo importantissimo nella storia del genere.
Track-list:
01. The Green and Black
02. Ironbound
03. Bring me the Night
04. The Goal Is Your Soul
05. Give a Little
06. Endless War
07. The Head and Heart
08. In Vain
09. Killing for a Living
10. The SRL
Commenti
Posta un commento