NODE - "In the End, Everything Is a Gag"
(Full-lenght, Scarlet Records, Febbraio 2010)
Voto: 8/10
Genere: Technical Death Metal
Line-up: Gary D'Eramo (chitarra), Andy Caniato (chitarra), Marco Di Salvia (batteria), Giuseppe Caruso (voce)
Node: un nome una garanzia, e non poteva essere altrimenti visto ciò cui la band meneghina ci aveva già abituato in passato.
"In the End Everything is a Gag" conferma appieno la regola arrivando all’appuntamento dopo ormai ben quattro anni di distanza dall’ultimo gioiello "As God Kills".
Cos’è cambiato da quei giorni? Tanto, tantissimo, ma anche nulla… nel senso che aldilà di cambi di line-up significativi che hanno visto l’ingresso in formazione del nuovo singer Giuseppe "Rex" Caruso e il chitarrista Andrea "Attila" Caniato in sostituzione all’ex frontman Daniel Botti e l’entrata di Gabriel Pignata al basso, il classico marchio di fabbrica Made in Node di certo non viene a mancare…
Ma occhio ad aspettarsi esclusivamente il classico death di matrice iper-tecnica del passato, perchè il nuovo lavoro della band lombarda è decisamente qualcosa in più, segno evidente delle notevoli e mai celate in passato tentazioni ‘moderniste’ che nell’album in questione raggiungono indiscutibilmente il loro apice creativo.
Eh sì, perchè i Node del 2010 sono questi, una band che continua a guardare al futuro pur rimanendo ancorata all’interno del genere; una caratteristica questa quantomai fondamentale quando si ha a che fare con un genere come questo tante volte oltranzista e troppo chiuso in sè stesso.
"In the End Everything is a Gag" presenta dunque il merito di conferire nuova linfa al sound della band, un album al cui ascolto non si possono non percepire influenze molto vicine a bands quali Meshuggah in primis, specie per il chitarrismo il più delle volte nervoso e dall’incedere piuttosto meccanico delle songs contenute.
Influenze innegabili del resto già dall’opener "100% Hate" che come il titolo stesso può lasciar presagire rappresenta una mazzata assurda, diretta, essenziale, in cui in poco più di due minuti funge quasi da vera e propria intro pur rappresentando un brano a tutti gli effetti.
Sfido chiunque a non trovare all’interno della stessa le già citate influenze, una sensazione di caos creata dall’incedere velocissimo e spietato delle chitarre, e dalle vocals del nuovo singer Rex capaci di seguire una linea profondamente aggressiva quanto costruita intorno ad un refrain centrale per certi versi quasi melodico nel sottofondo.
"The White is Burning" rappresenta invece la piena fusione delle influenze, vecchie e nuove, con un meccanico e rocciosissimo riff d’apertura, prima di scatenarsi in un brano veloce e spietato dal sapore tipicamente Node-iano al 100%.
Ovviamente, come già precisato, non che siano cambiate le coordinate stilistiche dei nostri, semplicemente è stato fatto un altro ulteriore passo in avanti nel riuscitissimo obiettivo di forgiare un sound sempre più d’avanguardia, per cui stiano tranquilli anche tutti i fans di vecchia data, perchè c’è sempre la giusta attenzione verso passaggi chitarristici dal chiaro ed evidente sapore techno-death ("When I Believed in God") ma l’incredibile capacità di creare brani sempre più ricchi al loro interno, e per certi versi freschi ormai non possono che focalizzare l’attenzione su quell’insieme che conferma i Node come una delle migliori bands in circolazione nel panorama metal attuale.
Altre interessanti innovazioni completano poi l’album, come l’oscurità e la progressione di "Mia Follow Me Down" o come la riproposizione della storica "Rebel Yell" di Billy Idol che ovviamente i Node rileggono alla loro maniera tirando fuori una cover godibilissima.
Nulla da dire neppure sulla produzione, semplicemente perfetta, pulitissima e potente, curata da Marco Ribecai e Gary D’Eramo presso Syncropain Studios Pisa, e successivamente confezionata abilmente dal mastering di Goran Finnberg (Mastering Room / Göteborg).
Nulla da ridire neppure sull’artwork ad opera di Seldon Hunt già autore di grafiche per Neurosis ed Isis.
Insomma, un album senza alcuna pecca, che rappresenta per il sottoscritto finora quanto di meglio venuto fuori nell’anno in corso. Se bisognerà aspettare ancora quattro anni per vedere alla luce un lavoro come questo allora… ben venga l’attesa!
Track-list:
01. 100% Hate
02. The White is Burning
03. When I Believed in God
04. This Ocean
05. New Order
06. Mia Follow Me Down
07. All My Faults
08. The Masks of Life
09. Rebel Yell (Billy Idol cover)
10. In Death You Live
(Full-lenght, Scarlet Records, Febbraio 2010)
Voto: 8/10
Genere: Technical Death Metal
Line-up: Gary D'Eramo (chitarra), Andy Caniato (chitarra), Marco Di Salvia (batteria), Giuseppe Caruso (voce)
Node: un nome una garanzia, e non poteva essere altrimenti visto ciò cui la band meneghina ci aveva già abituato in passato.
"In the End Everything is a Gag" conferma appieno la regola arrivando all’appuntamento dopo ormai ben quattro anni di distanza dall’ultimo gioiello "As God Kills".
Cos’è cambiato da quei giorni? Tanto, tantissimo, ma anche nulla… nel senso che aldilà di cambi di line-up significativi che hanno visto l’ingresso in formazione del nuovo singer Giuseppe "Rex" Caruso e il chitarrista Andrea "Attila" Caniato in sostituzione all’ex frontman Daniel Botti e l’entrata di Gabriel Pignata al basso, il classico marchio di fabbrica Made in Node di certo non viene a mancare…
Ma occhio ad aspettarsi esclusivamente il classico death di matrice iper-tecnica del passato, perchè il nuovo lavoro della band lombarda è decisamente qualcosa in più, segno evidente delle notevoli e mai celate in passato tentazioni ‘moderniste’ che nell’album in questione raggiungono indiscutibilmente il loro apice creativo.
Eh sì, perchè i Node del 2010 sono questi, una band che continua a guardare al futuro pur rimanendo ancorata all’interno del genere; una caratteristica questa quantomai fondamentale quando si ha a che fare con un genere come questo tante volte oltranzista e troppo chiuso in sè stesso.
"In the End Everything is a Gag" presenta dunque il merito di conferire nuova linfa al sound della band, un album al cui ascolto non si possono non percepire influenze molto vicine a bands quali Meshuggah in primis, specie per il chitarrismo il più delle volte nervoso e dall’incedere piuttosto meccanico delle songs contenute.
Influenze innegabili del resto già dall’opener "100% Hate" che come il titolo stesso può lasciar presagire rappresenta una mazzata assurda, diretta, essenziale, in cui in poco più di due minuti funge quasi da vera e propria intro pur rappresentando un brano a tutti gli effetti.
Sfido chiunque a non trovare all’interno della stessa le già citate influenze, una sensazione di caos creata dall’incedere velocissimo e spietato delle chitarre, e dalle vocals del nuovo singer Rex capaci di seguire una linea profondamente aggressiva quanto costruita intorno ad un refrain centrale per certi versi quasi melodico nel sottofondo.
"The White is Burning" rappresenta invece la piena fusione delle influenze, vecchie e nuove, con un meccanico e rocciosissimo riff d’apertura, prima di scatenarsi in un brano veloce e spietato dal sapore tipicamente Node-iano al 100%.
Ovviamente, come già precisato, non che siano cambiate le coordinate stilistiche dei nostri, semplicemente è stato fatto un altro ulteriore passo in avanti nel riuscitissimo obiettivo di forgiare un sound sempre più d’avanguardia, per cui stiano tranquilli anche tutti i fans di vecchia data, perchè c’è sempre la giusta attenzione verso passaggi chitarristici dal chiaro ed evidente sapore techno-death ("When I Believed in God") ma l’incredibile capacità di creare brani sempre più ricchi al loro interno, e per certi versi freschi ormai non possono che focalizzare l’attenzione su quell’insieme che conferma i Node come una delle migliori bands in circolazione nel panorama metal attuale.
Altre interessanti innovazioni completano poi l’album, come l’oscurità e la progressione di "Mia Follow Me Down" o come la riproposizione della storica "Rebel Yell" di Billy Idol che ovviamente i Node rileggono alla loro maniera tirando fuori una cover godibilissima.
Nulla da dire neppure sulla produzione, semplicemente perfetta, pulitissima e potente, curata da Marco Ribecai e Gary D’Eramo presso Syncropain Studios Pisa, e successivamente confezionata abilmente dal mastering di Goran Finnberg (Mastering Room / Göteborg).
Nulla da ridire neppure sull’artwork ad opera di Seldon Hunt già autore di grafiche per Neurosis ed Isis.
Insomma, un album senza alcuna pecca, che rappresenta per il sottoscritto finora quanto di meglio venuto fuori nell’anno in corso. Se bisognerà aspettare ancora quattro anni per vedere alla luce un lavoro come questo allora… ben venga l’attesa!
Track-list:
01. 100% Hate
02. The White is Burning
03. When I Believed in God
04. This Ocean
05. New Order
06. Mia Follow Me Down
07. All My Faults
08. The Masks of Life
09. Rebel Yell (Billy Idol cover)
10. In Death You Live
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