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MY SILENT WAKE/THE DROWNING - "Black Light & Silent Roads"

MY SILENT WAKE/THE DROWNING - "Black Light & Silent Roads"
(Split, Bombworks Records, Aprile 2010)

Voto: 6/10

Genere: Doom/Death





Due bands britanniche protagoniste di questo "Black Lights and Silent Road" split-cd edito da Bombworks che racchiude al suo interno 73 minuti di gothic/doom/death a volte riuscito altre volte meno che prende forma all’interno di un concetto piuttosto ‘classico’ di genere in cui, Silent Wake a parte, non si sentono grosse influenze innovative.
Il voto di cui sopra pertanto altro non è che la risultante di quanto entrambi i gruppi riescono ad esprimere con i quattro brani a testa a loro disposizione, con l’ago della bilancia che pende decisamente dalla parte dei primi, sicuramente più originali ed ispirati a livello di songwriting.
Ma analizziamo nel dettaglio quanto proposto dalle due bands.

MY SILENT WAKE (Voto: 7)

La band inglese, attiva dal 2005, ha alle spalle già tre full e l’esperienza si fa sentire.
A due anni dalla pubblicazione di quello che finora è il loro miglior album ("A Garland of Tears"), le quattro tracce presenti all’interno dello split si spingono oltre rispetto a quanto già fatto sentire in passato, aggiungendo songs se vogliamo maggiormente "sperimentali".
La proposta di partenza è ovviamente sempre la stessa, ovvero un doom-death primigenio impregnato di fortissime sferzate gothic; a fare un paragone con realtà più famose possiamo sicuramente accostarli ai My Dying Bride periodo "As the Flower Withers", in cui un cupo romanticismo accompagna riff massicci e grezzi ed il growling del vocalist/chitarrista Ian Arkley presente in maniera preponderante malgrado diverse strofe in clean vocals che non sfigurano certo.
I quattro brani proposti hanno il merito di risultare ognuno diverso dall’altro, ad iniziare dall’opener "I Am (Eternity)" brano che segue una progressione semplice quanto perfettamente riuscita in cui Arkley si cimenta con un cantato al limite del recitato e che per certi versi mi ha riportato alla mente quella che fu la stupenda "I Am the Bloody Earth" dei My Dying Bride.
Dalle forti inflessioni gothic dell’opener si passa alla successiva "Black Endless Winter" in assoluto il brano più cattivo del lotto facilmente accostabile nel suo appeal death/doom chiaramente old-school e senza troppi fronzoli ai primi Anathema.
A chiudere la propria prestazione due songs forse meno ispirate per quanto sperimentali, quali "Devoid of Light" maggiormente tendente al dark ma spenta e troppo lineare e la conclusiva "Rebirth" i cui 23 minuti di durata si dividono tra i primi dieci in cui gli inglesi si cimentano con l’ambient ed i successivi che invece tornano sulle coordinate classiche della band.
Malgrado qualche piccolo punto a sfavore in definitiva i britannici riescono a colpire mostrando anche interessanti soluzioni ed idee per il futuro.




THE DROWNING (Voto: 5)

Mi aspettavo decisamente di più dai gallesi che già due anni orsono avevano fatto parlare di loro per aver tirato fuori un album come "The Bleak Descent" pubblicato dalla Casket che aveva messo in evidenza una band di tutto rispetto all’interno del panorama gothic-doom europeo.
Eppure le quattro tracce presenti all’interno di questo split non riescono a confermare quanto di buono messo in evidenza in passato.
Da un punto di vista stilistico, i The Drowning si avvicinano parecchio ai Katatonia periodo "Brave Murder Day"-"Dance of December Wolves" ovvero chitarre melodiche ed estremamente gotiche e growling serrato.
Strutture di brani troppo pompose e senza grossi stravolgimenti di ritmo, inserti melodici tante volte fuori contesto e buttati lì in maniera forse troppo forzata, fanno perdere terreno ad una proposta che tuttavia mostra in alcuni passaggi anche innumerevoli potenzialità.
Se "The Doomsday Fair" primo brano dei nostri sembra quasi uscito dalla penna dei Katatonia che furono, con la successiva "Arclight" iniziano a registrarsi i primi problemi, a causa di un songwriting un pò impacciato incapace di inserire nel contesto tanto stacchi melodici (la cui voce pulita tralaltro convince davvero poco), tanto improvvise accelerazioni tipicamente death all’interno di un brano lento e monocorde.
Con la successiva "Silent Epiphany" i gallesi tornano, a dire il vero senza grosso successo, a proporre qualcosa di decisamente piu "classico" prima della conclusiva "A Photograph" in cui un approccio più duro ed articolato tutto sommato convince.
Non basta tuttavia quest’ultimo brano per alzare in maniera particolarmente significativa la qualità generale della proposta di una band da cui sinceramente mi aspettavo di più.

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