POISONBLACK - "Of Rust and Bones"
(Full-lenght, Century Media, Marzo 2010)
Voto: 4,5/10
Genere: Gothic Metal
Line-up: Tarmo Kanerva (batteria), Ville Laihiala (chitarra, voce), Marco Sneck (tastiere), Antti Remes (basso), Janne Markus (chitarra)
Il gothic metal non va più di moda, in tanti se ne sono accorti ed in tanti sono improvvisamente svaniti nel nulla dopo qualche attimo di notorietà campato in aria fino a pochissimi anni fa.
In tanti si accorgeranno poi che chi va avanti con questo canovaccio rischia necessariamente di irrigidirsi e di perdere parte di quella vena compositiva precedentemente mostrata ed anche questo è un dato indiscutibile.
Quando poi di fronte si trovano personaggi "simbolo" di tale modo di fare musica, e ci si accorge che anche loro irrimediabilmente cadono nel patetico ecco che la considerazione in questione non solo è confermata ma addirittura rafforzata.
Ed è questo il caso dei Poisonblack di Ville Laihiala, se vogliamo icona storica del gothic made in Europe, per essere stato frontman di quelli che furono i Sentenced.
La band, nata inizialmente come side-project del singer finlandese che in occasione dell’esordio si avvaleva di una voce femminile è diventata dunque, contestualmente allo scioglimento della band "madre", la nuova vera creatura di Laihiala che senza troppi problemi di sorta e pur continuando ad imbracciare la chitarra si è spostato dietro al microfono.
In altre parole con i successivi lavori "Lust Stained Despair" (2006) e "A Dead Heavy Day" (2008) ha completato il suo progetto che non fa altro che riprendere le influenze dei Sentenced nel suo orientamento più gothic rock (da "Crimson" in poi per intenderci) e vi ha aggiunto una velatura non indifferente tendenzialmente goth ‘n’ roll senza ovviamente dimenticare le solite power-ballads di turno, che se in passato erano comunque di valore (basti ricordare la celebre "Killing Me, Killing You") oggi non fanno altro che risultare patetiche.
E questo "Of Rust and Bones" lo posso affermare con piena certezza, è in assoluto il peggior parto della band finlandese che prova ad estremizzare la corrente più rock-oriented andandosi ad attestare su un sound che non può che ricordare gli ultimi 69 Eyes per intenderci.
Dunque riffing simil-roccioso, aperture melodiche continue, e vocals che alla lunga non possono che risultare insopportabili, impacchianimento generale che dunque riesce anche a soffocare le indubbie doti di vocalist del nostro caro Ville.
Da un punto di vista strutturale l’album parte con l’accoppiata "My Sun Shines Black"-"Leech", brani che presentano un flavour maggiormente hard rock rispetto al resto del lotto, che molto spesso tendono a sfociare in rallentamenti melodici poco riusciti e che in generale già lasciano ben poco all’ascoltatore, e lo introducono alla parte forse meno riuscita del lavoro.
Perchè se "Buried Alive" è una power-ballad rocciosa che in fin dei conti sfocia in un refrain comunque godibile, il resto dei brani vertono verso quel Sentenced-sound da cui Laihiala sembra volersi discostare ma in cui poi puntualmente ricade. E lo fa in malo modo, sfornando brani al limite del patetico come gli otto minuti della pessima e pacchiana "Invisible" e l’identico minutaggio di "Down the Drain" neanche a farlo apposta i due brani più lunghi ed al tempo stesso meno ispirati del lotto.
La decisione ora deve essere una: o un cambio di stile repentino sulla scorta delle primissime songs che per quanto di basso livello comunque migliorabili, o un ritorno definitivo alle sonorità dei Sentenced… ma se in questo caso i brani fossero tutti come i già descritti, avrebbe senso? Secondo me no…
Track-list:
01. My Sun Shines Black
02. Leech
03. My World
04. Buried Alive
05. Invisible
06. Casket Case
07. Down the Drain
08. Alone
09. The Last Song
(Full-lenght, Century Media, Marzo 2010)
Voto: 4,5/10
Genere: Gothic Metal
Line-up: Tarmo Kanerva (batteria), Ville Laihiala (chitarra, voce), Marco Sneck (tastiere), Antti Remes (basso), Janne Markus (chitarra)
Il gothic metal non va più di moda, in tanti se ne sono accorti ed in tanti sono improvvisamente svaniti nel nulla dopo qualche attimo di notorietà campato in aria fino a pochissimi anni fa.
In tanti si accorgeranno poi che chi va avanti con questo canovaccio rischia necessariamente di irrigidirsi e di perdere parte di quella vena compositiva precedentemente mostrata ed anche questo è un dato indiscutibile.
Quando poi di fronte si trovano personaggi "simbolo" di tale modo di fare musica, e ci si accorge che anche loro irrimediabilmente cadono nel patetico ecco che la considerazione in questione non solo è confermata ma addirittura rafforzata.
Ed è questo il caso dei Poisonblack di Ville Laihiala, se vogliamo icona storica del gothic made in Europe, per essere stato frontman di quelli che furono i Sentenced.
La band, nata inizialmente come side-project del singer finlandese che in occasione dell’esordio si avvaleva di una voce femminile è diventata dunque, contestualmente allo scioglimento della band "madre", la nuova vera creatura di Laihiala che senza troppi problemi di sorta e pur continuando ad imbracciare la chitarra si è spostato dietro al microfono.
In altre parole con i successivi lavori "Lust Stained Despair" (2006) e "A Dead Heavy Day" (2008) ha completato il suo progetto che non fa altro che riprendere le influenze dei Sentenced nel suo orientamento più gothic rock (da "Crimson" in poi per intenderci) e vi ha aggiunto una velatura non indifferente tendenzialmente goth ‘n’ roll senza ovviamente dimenticare le solite power-ballads di turno, che se in passato erano comunque di valore (basti ricordare la celebre "Killing Me, Killing You") oggi non fanno altro che risultare patetiche.
E questo "Of Rust and Bones" lo posso affermare con piena certezza, è in assoluto il peggior parto della band finlandese che prova ad estremizzare la corrente più rock-oriented andandosi ad attestare su un sound che non può che ricordare gli ultimi 69 Eyes per intenderci.
Dunque riffing simil-roccioso, aperture melodiche continue, e vocals che alla lunga non possono che risultare insopportabili, impacchianimento generale che dunque riesce anche a soffocare le indubbie doti di vocalist del nostro caro Ville.
Da un punto di vista strutturale l’album parte con l’accoppiata "My Sun Shines Black"-"Leech", brani che presentano un flavour maggiormente hard rock rispetto al resto del lotto, che molto spesso tendono a sfociare in rallentamenti melodici poco riusciti e che in generale già lasciano ben poco all’ascoltatore, e lo introducono alla parte forse meno riuscita del lavoro.
Perchè se "Buried Alive" è una power-ballad rocciosa che in fin dei conti sfocia in un refrain comunque godibile, il resto dei brani vertono verso quel Sentenced-sound da cui Laihiala sembra volersi discostare ma in cui poi puntualmente ricade. E lo fa in malo modo, sfornando brani al limite del patetico come gli otto minuti della pessima e pacchiana "Invisible" e l’identico minutaggio di "Down the Drain" neanche a farlo apposta i due brani più lunghi ed al tempo stesso meno ispirati del lotto.
La decisione ora deve essere una: o un cambio di stile repentino sulla scorta delle primissime songs che per quanto di basso livello comunque migliorabili, o un ritorno definitivo alle sonorità dei Sentenced… ma se in questo caso i brani fossero tutti come i già descritti, avrebbe senso? Secondo me no…
Track-list:
01. My Sun Shines Black
02. Leech
03. My World
04. Buried Alive
05. Invisible
06. Casket Case
07. Down the Drain
08. Alone
09. The Last Song
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