DARK LUNACY - "Weaver of Forgotten"
(Full-lenght, Fuel Records, Novembre 2010)
Voto: 7/10
Genere: Melodic Death
Line-up: Mike Lunacy (voce, piano), Andy Marchini (basso), Alessandro Vagnoni (batteria), Daniele Galassi (chitarra), Claudio Cinquegrana (chitarra)
Tornano a distanza di quattro anni dal precedente The Diarist (album a parere del sottoscritto discreto ma inferiore ai due precedenti) i Dark Lunacy guidati dall’inossidabile Mike Lunacy ormai unico superstite della line-up originale dopo la dipartita per divergenze musicali del resto dei protagonisti di una delle più liete realtà del metal contemporaneo made in Italy.
Ricomposti i cocci il singer parmense ha assoldato elementi di spicco della scena ‘estrema’ nostrana e parliamo dei chitarristi Claudio Cinquegrana e Daniele Galassi (Infernal Poetry), del bassista Andy (Sadist) e per finire Alessandro Vagnoni (Infernal Poetry) dietro le pelli.
Un brusco cambiamento di direzione che, inevitabilmente, non poteva che ripercuotersi anche sulla musica del combo emiliano ora meno "teatrale" e sinfonica rispetto al passato, ma adesso più dura ed "oscura".
Una sterzata dettata sicuramente dal background musicale dei nuovi componenti, ma indubbiamente anche da una scelta decisa e mirata di Mike che ha ponderato decisamente la scelta dei nuovi membri di quella che indubbiamente può essere considerata la sua "creatura".
E pertanto alle atmosfere decadenti e gotiche tipiche di lavori come Forget me Not (a mio parere l’apice compositivo dei nostri) fanno da contraltare atmosfere decisamente più "death-oriented" plasmate però con il classico trademark made in Lunacy, in cui comunque tastiere e melodia fanno la loro degna comparsa come al solito, pur se in uno scenario che se in passato lasciava maggior spazio a cavalcate molte volte quasi "catchy" (e ricorderei al proposito le varie Through the Non-Time o Heart of Leningrad) ora sono poste in un contesto maggiormente "dark", in alcuni casi quasi ai limiti del doom.
E l’accoppiata iniziale che viaggia sulle note di due brani rocciosi come Arkangel’sk più tirata e la successiva Curtains molto più oltranzista e per certi versi "rallentata" lasciano già ben chiare quelle che saranno le sonorità contenute in Weaver of Forgotten che, a parere del sottoscritto, rappresenta il frangiflutti ideale tra "vecchi" e "nuovi" Dark Lunacy in un contesto che presenta notevoli potenzialità, brani di tutto rispetto, e che paga in parte probabilmente solo lo scotto dello "spiazzare" l’ascoltatore di turno.
Un album non "facile" come poteva essere in passato, ma a cui andrebbe dedicato più di un ascolto per carpirne in toto l’essenza. E mentre i brani precedentemente citati rappresentano la nuova anima della band emiliana non mancano riferimenti al passato come in Masquerade o in Snow con quest’ultima a rappresentare probabilmente il miglior "compromesso" tra passato e presente.
Insomma, un album che ci presenta una band tirata a lucido e che probabilmente nei prossimi anni con una ritrovata stabilità in line-up potrà regalarci album all’altezza dei due must Devoid e Forget me Not, e probabilmente spingendo ulteriormente su quel lato più "oscuro" si potrebbe imboccare davvero la strada giusta.
Nel frattempo Weaver of Forgotten pur non esaltando rappresenta un passo avanti rispetto al predecessore e soprattutto un lavoro decisamente buono.
Track-list:
01. Epitaph
02. Archangel'sk
03. Curtains
04. Epiclesis
05. Masquerade
06. Afraid
07. Mood
08. Sybir
09. Snow
10. Forgotten
11. Weaver
(Full-lenght, Fuel Records, Novembre 2010)
Voto: 7/10
Genere: Melodic Death
Line-up: Mike Lunacy (voce, piano), Andy Marchini (basso), Alessandro Vagnoni (batteria), Daniele Galassi (chitarra), Claudio Cinquegrana (chitarra)
Tornano a distanza di quattro anni dal precedente The Diarist (album a parere del sottoscritto discreto ma inferiore ai due precedenti) i Dark Lunacy guidati dall’inossidabile Mike Lunacy ormai unico superstite della line-up originale dopo la dipartita per divergenze musicali del resto dei protagonisti di una delle più liete realtà del metal contemporaneo made in Italy.
Ricomposti i cocci il singer parmense ha assoldato elementi di spicco della scena ‘estrema’ nostrana e parliamo dei chitarristi Claudio Cinquegrana e Daniele Galassi (Infernal Poetry), del bassista Andy (Sadist) e per finire Alessandro Vagnoni (Infernal Poetry) dietro le pelli.
Un brusco cambiamento di direzione che, inevitabilmente, non poteva che ripercuotersi anche sulla musica del combo emiliano ora meno "teatrale" e sinfonica rispetto al passato, ma adesso più dura ed "oscura".
Una sterzata dettata sicuramente dal background musicale dei nuovi componenti, ma indubbiamente anche da una scelta decisa e mirata di Mike che ha ponderato decisamente la scelta dei nuovi membri di quella che indubbiamente può essere considerata la sua "creatura".
E pertanto alle atmosfere decadenti e gotiche tipiche di lavori come Forget me Not (a mio parere l’apice compositivo dei nostri) fanno da contraltare atmosfere decisamente più "death-oriented" plasmate però con il classico trademark made in Lunacy, in cui comunque tastiere e melodia fanno la loro degna comparsa come al solito, pur se in uno scenario che se in passato lasciava maggior spazio a cavalcate molte volte quasi "catchy" (e ricorderei al proposito le varie Through the Non-Time o Heart of Leningrad) ora sono poste in un contesto maggiormente "dark", in alcuni casi quasi ai limiti del doom.
E l’accoppiata iniziale che viaggia sulle note di due brani rocciosi come Arkangel’sk più tirata e la successiva Curtains molto più oltranzista e per certi versi "rallentata" lasciano già ben chiare quelle che saranno le sonorità contenute in Weaver of Forgotten che, a parere del sottoscritto, rappresenta il frangiflutti ideale tra "vecchi" e "nuovi" Dark Lunacy in un contesto che presenta notevoli potenzialità, brani di tutto rispetto, e che paga in parte probabilmente solo lo scotto dello "spiazzare" l’ascoltatore di turno.
Un album non "facile" come poteva essere in passato, ma a cui andrebbe dedicato più di un ascolto per carpirne in toto l’essenza. E mentre i brani precedentemente citati rappresentano la nuova anima della band emiliana non mancano riferimenti al passato come in Masquerade o in Snow con quest’ultima a rappresentare probabilmente il miglior "compromesso" tra passato e presente.
Insomma, un album che ci presenta una band tirata a lucido e che probabilmente nei prossimi anni con una ritrovata stabilità in line-up potrà regalarci album all’altezza dei due must Devoid e Forget me Not, e probabilmente spingendo ulteriormente su quel lato più "oscuro" si potrebbe imboccare davvero la strada giusta.
Nel frattempo Weaver of Forgotten pur non esaltando rappresenta un passo avanti rispetto al predecessore e soprattutto un lavoro decisamente buono.
Track-list:
01. Epitaph
02. Archangel'sk
03. Curtains
04. Epiclesis
05. Masquerade
06. Afraid
07. Mood
08. Sybir
09. Snow
10. Forgotten
11. Weaver
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