MY DYING BRIDE - "The Angel and the Dark River"
(Full-lenght, Peaceville Records, Maggio 1995)
Voto: 10/10
Genere: Gothic/Doom
Line-up: Aaron Stainthorpe (voce), Andrew Craighan (chitarra), Calvin Robertshaw (chitarra), Adrian Jackson (basso), Martin Powell (violino, tastiere), Rick Miah (batteria)
(Full-lenght, Peaceville Records, Maggio 1995)
Voto: 10/10
Genere: Gothic/Doom
Line-up: Aaron Stainthorpe (voce), Andrew Craighan (chitarra), Calvin Robertshaw (chitarra), Adrian Jackson (basso), Martin Powell (violino, tastiere), Rick Miah (batteria)
Per alcuni l'album della svolta della band inglese, per altri (me compreso) semplicemente la prosecuzione di un percorso evolutivo partito dal debutto e proseguito con il secondo ed altrettanto splendido "Turn Loose the Swans" con cui i My Dying Bride iniziarono a disosctarsi dal semplice e monolitico doom/death degli esordi.
La svolta effettivamente c'è eccome, ma per chi ha amato da sempre la band del cupissimo Stainthorpe fa parte semplicemente di un'evolizione naturale e per nulla forzata.
"The Angel and the Dark River" votato quasi all'unanimità come il vero e proprio capolavoro della band, si compone di sei brani dalla durata media elevatissima (otto minuti, con picchi di 12 minuti per la splendida opener "The Cry of Mankind") in cui disperazione e malinconia si fondono in maniera pressochè perfetta, probabilmente come nessun altro era riuscito a fare fino a quel momento.
Abbandonato totalmente il growling per affidarsi esclusivamente alle vocals pulite e disperate di Stainthorpe (accomunabili per certi versi a quelle dello storico Ian Curtis dei Joy Division), gli inglesi riescono qui a fondere alla perfezione doom e gothic classico, grazie alle solite chitarre "zanzarose" tipiche del combo di Halifax, ed il violino di Martin Powell che grazie ad una serie di assoli semplicemente entusiasmanti assurge qui a vero e proprio strumento aggiuntivo dopo che già in "Turn Loose the Swans" aveva fatto la sua prima comparsa in maniera piuttosto massiccia.
Non c'è più traccia di quel tipico doom/death degli esordi, non c'è più spazio per le sfuriate estreme di uno Stainthorpe che qui mostra al meglio tutte le proprie incredibili ed innegabili doti vocali. Il risultato sono sei gioielli che rendono magico e per certi versi irripetibile un album semplicemente perfetto dalla prima all'ultima nota.
Si parte dall'ossessiva "The Cry of Manking" che rappresenta il vero manifesto sonoro di un album nero come la pece. Un passaggio di violino ripetuto all'inverosimile ed arricchito da un inserto di tastiere semplicemente entusiasmante fanno da introduzione al cantato di Stainthorpe mai così sofferente per un brano che dall'alto dei suoi dodici minuti di durata si chiude proprio con l'ossessivo giro di violino dell'inizio andando a forgiare uno dei classici della band.
La successiva "From Darkest Skies" si apre in maniera scarna e semplice, con un giro di basso su cui poi si staglia un altro brano cupo e lento che apre la strada alla stupenda "Black Voyage" uno dei brani più belli di sempre del combo britannico al cui interno l'assolo del violinista Powell fa venire semplicemente la pelle d'oca.
Ma il viaggio nel malessere esistenziale creato dalla "sposa morente" prosegue con la successiva "A Sea to Suffer In" e raggiunge un altro picco con "Two Winters Only" brano delicato ed incredibilmente teatrale, più semplice nella struttura rispetto al resto del lotto ma probabilmente il più emozionante con un'esplosione finale che sembra quasi voler essere una reazione naturale al pessimismo più totale che pervade l'album dalla prima all'ultima nota e che anche nella conclusiva "Your Shameful Heaven" sembra ribadire il concetto di un malessere che va ben oltre la vita terrena.
"The Angel and the Dark River" è insomma un lavoro perfetto, quello che del resto ha consacrato il combo di Halifax ai livelli di assoluti "padri" di quella scena che insieme ad Anathema e Paradise Lost ha tenuto sempre a mente il concept visto quasi da angolazioni musicali diverse.
Un must assoluto, e capolavoro senza tempo che ognuno dovrebbe tenere custodito, gelosamente, all'interno della propria discografia personale.
Track-list:
01. The Cry of Mankind
02. From Darkest Skies
03. Black Voyage
04. A Sea to Suffer In
05. Two Winters Only
06. Your Shameful Heaven
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