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VHÖL - "Deeper Than Sky"

VHÖL - "Deeper Than Sky"
(Full-lenght, Profund Lore Records, Ottobre 2015)

Voto: 8/10

Genere: Crust/Black/Heavy/Sludge

Line-up: Mike Scheidt (voce), John Cobbett (chitarra), Sigrid Sheie (basso), Aesop Dekker (batteria)


Quel monicker così semplice, quella copertina così scarna ma in verità così profonda, quei caratteri insoliti e tutte le sensazioni che può lasciare la vista di una copertina del genere, potrebbe anche lasciar passare inosservato quello che in realtà è uno degli eventi dell'anno, l'uscita del secondo album del progetto Vhöl.

Chi sono i Vhöl voi direte...sicuramente tanti di voi lo sanno, sicuramente tanti che non lo sanno ma che leggeranno di seguito capiranno.

I Vhöl sono una vera e propria "all star band" formata dal vocalist Mike Scheidt (YOB) e dal batterista Aesop Dekker (Agalloch); al loro fianco la bassista Sigrid Sheie ed il chitarrista John Cobbett entrambi provenienti dai meno conosciuti Hammers of Misfortune progressive band californiana.

Per chi non lo sapesse i primi due sono delle vere e proprie istituzioni del doom a stelle e striscie: Scheidt con i suoi YOB propone uno stoner doom dalle fortissime tinte psichedeliche, il secondo con gli Agalloch ha saputo sfornare solo capolavori di rara bellezza e fascino sulla scorta di un doom atmosferico che negli anni ha conosciuto mille mutazioni mixandolo con il folk nelle primissime uscite, con una certa inflessione postcore successivamente.

Ecco, probabilmente abbiamo divagato troppo rendendo meno agevole al lettore la comprensione della proposta musicale dei Vhöl ma era quantomeno doveroso un compendio iniziale sulla carriera degli artisti così, tralaltro perchè no, da stuzzicare anche la curiosità nei meno adepti di andare a ripescare questi gioiellini.

Praticamente possiamo riassumere con (quasi) tutte le influenze già descritte il sound dei Vhöl che avanzano anche oltre quanto proposto nell'ottimo debutto di due anni orsono.
"Deeper Than Sky" è un album tanto classico quanto avanguardistico, che mixa sapientemente il sound dei Darkthrone con l'incidere heavy/progressivo dei Voivod più cervellotici.

Un mix perfettamente amalgamato di elementi black/crust dissonanti, con atmosfere che in alcuni casi vanno a toccare anche l'heavy metal più classico e, per l'occasione, vagonate di hardcore primigenio, elemento quest'ultimo che in parte differisce con l'album di debutto, se non altro per le dosi con cui Scheidt e soci ci propinano questa semplice ma efficace formula.

Una sorta di tributo a loro stessi e soprattutto ai mostri sacri della musica, un pò come fecero i Darkthrone nella loro svolta "heavy/speed"; ma se in quel caso si trattava di una band black metal che riscopriva le proprie radici più dirette, qui si tratta di scavare nel solco delle origini e riuscire a rivangare suoni passati ma mai smessi di circolare nelle vene di questi artisti, riletti nella loro chiave.

Quarantadue minuti di durata che rappresentano un vero e proprio "trip" all'interno delle mille sfaccettature musicali dei nostri, si parte con "The Desolate Damned" probabilmente il pezzo più classicamente heavy metal dell'intero lavoro: una intro che riporta alla mente le primissime note della celebre "Hit the Lights" dei Metallica ed il successivo incedere in chiaro stile speed metal su cui si staglia la timbrica inconfondibile di Scheidt una sorta di falsetto estremamente psych che da il via al brano nel cui interno vengono inseriti forti inserti psichedelici nel solismo, sempre di sottofondo all'incedere cattivo e classico della ritmica che da sfogo all'assolo di Cobbett; tutto molto semplice e non artefatto ma incredibilmente affascinante...

"3am" è un pezzo cattivissimo sparato in fronte all'ascoltatore a ritmi vertiginosi di puro hardcore nel mezzo un chitarrismo pulito di sottofondo ed un breve break che conduce alla seconda parte di un pezzo che si chiude nella stessa maniera in cui si era aperto.

La title-track è il pezzo più lungo del lotto: 12 minuti di durata introdotti dal solito assalto crust/core ed una serie di cambi di ritmi e atmosfere durante l'intera durata che rimandano alle chiare influenze progressive della sezione ritmica Sheie-Dekker, improvvise aperture melodiche/sognanti di Cobbett che fanno da tappeto alla degna e poliedrica interpretazione dietro il microfono e successive improvvise ripartenze in chiaro stile black puro che si evincono soprattutto nel finale del brano.

"Paino" è un interessante strumentale di due minuti e mezzo che cambia totalmente le carte in tavole: qui siamo di fronte ad un sentore di "operistico", solo basso, batteria e piano a rincorrersi in una fuga musicale godibile che cinge da spartiacque tra prima e seconda parte del disco, perchè nelle restanti tre tracce si torna a pestare duro anzi questa volta durissimo.

"Red Chaos" paga evidente dazio ai Venom di "Welcome to Hell", "Lightless Sun" è velocissima, tagliata in due da un intermezzo atmosferico e freddissima nel suo incidere specie grazie ad una chitarra stridente che fa da contraltare alla solita sezione ritmica massiccia e velocissima, e per chiudere "The Tomb" torna alle origini di un crust/core innestato con il classicismo dei Celtic Frost.

C'è poco da fare, quando si incontrano musicisti di questa rilevanza c'è solo da aprire le orecchie ed ascoltare. Il progetto Vhöl è la degna valvola di sfogo di musicisti capaci di trasmettere le proprie emozioni con le note indipendentemente dal genere proposto. Un altro must assoluto, straconsigliato!
Track-list:

01. The Desolate Damned
02. 3AM
03. Deeper Than Sky
04. Paino
05. Red Chaos
06. Lightless Sun
07. The Tomb



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