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STARBLIND - "Dying Son"

STARBLIND - "Dying Son"
(Full-lengh, Pure Steel Records, 2015)

Voto: 6,5/10

Genere: Heavy Metal

Line-up: Mike Stark (voce), Johan Jonasson (chitarra), Bjorn Rosenblad (chitarra), Daniel Tillberg (basso), Zak Wikner (batteria)


Amate alla morte gli Iron Maiden? Avete imparato a memoria l'intera discografia della vergine di ferro? Siete impazienti, anche dopo l'uscita dell'ultimo "Book of Souls" di una nuova proposta discografica dei britannici anche se non si sa quando? Bene, ho trovato nel frattempo un importante "divertissement" per ogni buon fan dei Maiden che si rispetti!
Si chiamano Starblind, arrivano da Stoccolma e con "Dying Son" (titolo che già di per sè non può che rimandare agli Iron) giungono al secondo parto discografico in due anni.
Cosa ci propongono? Un heavy metal che più classico non si può, ampiamente ancorato alla NWOBHM ed in particolar modo a tutta (e ripeto) tutta la discografia dei Maiden, dei quali i cinque svedesotti assumono senza ombra di dubbio le sembianze di "figliocci" arrivando a momenti a plagiare il sound di Harris & Co. con soluzioni tipiche che vanno tanto dal chitarrismo quanto (soprattutto) al lavoro del bassista Tillberg che sembra cresciuto a pane e Maiden più di tutti gli altri componenti, senza dimenticare l'impostazione vocale del dotato Stark che dietro al microfono si rende protagonista di una pregevole prova, imitando (nei limiti del possibile derivanti dalla capacità estensiva) il mitico Dickinson.

Bene, voi direte: che senso ha un lavoro del genere??? Probabilmente poco o nulla, ma alla fine quel che più conta è che questo "Dying Son" si lascia ascoltare alla grande, sulla scìa di brani che per quanto in certi frangenti sembrano quasi una pariodia vista la somiglianza con quelli dei maestri del metal mondiale, raggiungono comunque alcuni picchi qualitativi e di buon gusto importanti.

Sono sincero che all'ascolto della title-track così come della successiva "Blood Red Skies" un pò di imbarazzo era stato suscitato anche nel sottoscritto, tra giri di basso quasi rubati alla storica intro di "Aces High" ed un tentativo di riproporre nella maniera quanto più pedissequa all'originale le sonorità dei Maiden.

E così sarà per tutto il resto del disco che tuttavia prosegue in crescendo rappresentando alla fine la giusta quadratura e bilanciamento tra quel suono derivativo descritto ed una capacità compositiva comunque innegabile rinvenibile soprattutto in pezzi quali la splendida "Firestone" (che davvero non sfigurerebbe in un album dei Maiden) o "Sacrifice" e soprattutto la conclusiva "The Land of Seven Rivers Beyond the Sea" che in undici minuti di durata ha tante cartucce da sparare.

Ma in apertura parlavamo di una band evidentemente affezionata a TUTTA la discografia dei britannici, tutto ciò ovviamente rinvenibile in "The Man of the Crowd" brano dai contorni più "caldi" decisamente accomunabile all'accoppiata "The X Factor"-"Virtual XI" dell'era Blaze.

Viene da sè che il lavoro rappresenta senza ombra di dubbio una manna dal cielo per gli amanti di certe sonorità più classiche, mentre passerà decisamente inosservato tra gli amanti delle nuove tendenze e da chi, più in generale, chiede personalità alla propria musica. 

Di certo le doti degli Starblind non possono passare inosservate e "Dying Son" rappresenta un lavoro onesto e ben confezionato per quanto tutt'altro che innovativo.

Track-list:

01. A Dying Son
02. Blood Red Skies
03. Firestone
04. The Man of Crowd
05. The Lighthouse
06. Sacrifice
07. Room 101
08. The Land of Seven River Beyond the Sea



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