ABBATH - "Abbath"
(Full-lenght, Season of Mist, Gennaio 2016)
Voto: 8/10
Genere: Black Metal/Heavy Metal
Line-up: Abbath (voce, chitarre), King (basso), Creature (batteria)
Assoldato così il fido King (già affianco ad Abbath ai tempi del progetto I nonchè già dietro le pelli dei Gorgoroth e dei doomsters norvegesi Sahg), insieme ad un giovanotto irlandese conosciuto come Creature, il cantante/chitarrista di Bergen non si è perso d'animo ed ha dato così alle stampe l'omonimo album d'esordio dopo diverse comparsate in festival estivi europei.
(Full-lenght, Season of Mist, Gennaio 2016)
Voto: 8/10
Genere: Black Metal/Heavy Metal
Line-up: Abbath (voce, chitarre), King (basso), Creature (batteria)
Finita in malo modo (almeno per il momento) l'avventura con gli storici Immortal è arrivato finalmente il momento per il buon caro Abbath di proseguire la sua sfolgorante carriera musicale con il suo primo lavoro solista, per quanto a dire il vero già con il precedente progetto I il musicista norvegese aveva riversato su disco tutta la sua passione musicale rispolverando il proprio background lontano da un nome ingombrante come quello di una della bands seminali per la scena black metal di allora.
Black metal ma non solo quello presente all'interno di questo "Abbath"; un vero e proprio tributo ai generi più amati e che più hanno forgiato la carriera musicale di uno dei miti di gioventù della stragrande maggioranza dei metallari di mezzo mondo.
Una giusta valvola di sfogo artistica e soprattutto personale per un musicista che avrebbe voluto concludere diversamente l'avventura Immortal ma che, almeno per il momento, mostra che il dare alle stampe un lavoro di questo tipo non sia altro che la logica risultante di un percorso ed evoluzione artistica pressochè costante che l'hanno portato a spingersi oltre, prendendosi sulle spalle tutto l'onere di comporre un lavoro dall'inizio alla fine soprattutto per quanto riguarda la fase di songwriting questa volta, finalmente, prerogativa esclusivamente personale.
"Abbath" non può così che risultare, come previsione, un album che ripercorre per intero la carriera dell'artista, che aveva già avuto modo di cimentarsi in un genere affine con il fortunato "Between Two Worlds" allora pubblicato con il progetto I e che oggi "estremizza" il concetto scavando ancora più a fondo fino a raggiungere le radici di una musica senza tempo.
Non aspettatevi pertanto le solite sparate alla Immortal, di black metal all'interno dei quarantatre minuti di durata dell'album ce n'è e ce n'è anche parecchio a partire dalla musica fino ad arrivare alla riproposizione della storica "Nebular Ravens Winter" brano degli Immortal stessi.
Ma tanto per non scordare le origini sono chiari i riferimenti al movimento heavy/black degli 80's ed in tal senso cito solo Venom e Bathory tanto per tirar fuori dal cilindro i principali artefici di tutto quello che poi è stato il movimento black degli anni successivi.
Un sound dozzinale, sporco, cattivo e senza fronzoli, così come senza fronzoli è l'artwork dove campeggia semplicemente il volto di Abbath con il solito face-painting e senza alcuna aggiunta di titolo o monicker di alcuna sorta.
Si parte direttamente da qui per descrivere le intenzioni e la musica contenute nell'omonimo debutto che parte come partirebbe un disco degli Immortal qualsiasi con la splendida "To War!" che tanto nel titolo quanto nell'incedere si addentra senza timori di sorta nel black metal più ferale lasciando presagire così un album dalle tipiche coordinate stilistiche che ogni buon fan sfegatato della band norvegese può aspettarsi.
Non sarà propriamente così come già detto, ed infatti la successiva "Winterbane" mischia subito le carte in tavola introducendo interessanti elementi di epicità e ripartenze quasi al limite del black 'n' roll sulla scorta di un improvviso groove che mantiene inalterata la forza e la potenza che ci si può aspettare da un Abbath tirato a lucido.
Ma è nel "cuore" del lavoro che vengono fuori tutte le restanti influenze del singer/chitarrista norvegese rinvenibili in "Ocean of Wounds" o in "Count the Dead" in cui sprazzi di melodia si uniscono alle solite atmosfere grim e fredde cui siamo abituati.
La furia e la velocità compositiva di "Fenrir Hurts" ci riportano su coordinate stilistiche tipicamente blackish mentre nella conclusiva "Endless" si scorgono addirittura forti influenze punkish che ci fanno capire ancora di più quelle che sono le origini di un suono e più in generale di una filosofia che fa dell'oltranzismo sonoro e visivo il proprio cavallo di battaglia.
Menzioni particolare anche per la rocciosa "Root of the Mountain" che si dipana tra le note di un massiccio mid-tempo e le interessanti cover poste come bonus alla fine del lavoro: la storica "Riding on the Wind" in cui Abbath si diverte a creare un muro sonoro potente, sguaiato ma al tempo stesso piuttosto sostanziale facendo il verso quasi addirittura al sound dei compianti Motorhead fino a concludere con una propria auto-citazione quella "Nebular Ravens Winter" presente nello storico "Blizzard Beasts" risalente all'ormai lontano 1997.
Cosa ci si aspettava di più da Abbath? Assolutamente nulla! Perchè all'interno di questo omonimo debutto c'è tutto quello che vorrebbe ascoltare un fan sfegatato di quella storica band dal nome Immortal, un evidente segno di come la carriera di un grandissimo artista continui anche sotto altro progetto, sotto altro nome.
Un must assoluto che introduce alla grande un inizio anno leggermente in sordina, malgrado tante blasonate uscite.
Track-list:
01. To War!
02. Winterbane
03. Ashes of the Damned
04. Ocean of Wounds
05. Count the Dead
06. Fenrir Hurts
07. Root of the Mountain
08. Endless
09. Riding on the Wind (Judas Priest cover) *bonus track
10. Nebular Ravens Winter (Immortal cover) *bonus track
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