DREAM THEATER - "The Astonishing"
(Full-lenght, Roadrunner Records, Gennaio 2016)
Genere: Progressive Metal
Voto: 6,5/10
Line-up: James LaBrie (voce), John Petrucci (chitarre), Jordan Rudess (tastiere), John Myung (basso), Mike Mangini (batteria)
Atteso spasmodicamente dai fans da sempre forse troppo proni al verbo della band newyorkese, questo "The Ashtoning" possiamo dirlo subito rappresenta la classica occasione persa da parte di una band che, consolidata ormai la line-up in pianta stabile con Mangini protagonista del suo terzo album con il "Teatro dei Sogni", ha voluto almeno nelle intenzione provare ad osare ancora qualcosa, forse troppo.
(Full-lenght, Roadrunner Records, Gennaio 2016)
Genere: Progressive Metal
Voto: 6,5/10
Line-up: James LaBrie (voce), John Petrucci (chitarre), Jordan Rudess (tastiere), John Myung (basso), Mike Mangini (batteria)
Per molti doveva essere il capolavoro dell'anno, per altri il solito album piatto e senza spunti, per altri ancora la solita dimostrazione di stile senza "sentimenti". Le mezze misure quando si tratta di Dream Theater si sa, non sono mai di casa. Se poi davanti ti si presenta un'opera monumentale come "The Astonishing" pubblicata in doppio cd e qualcosa come 34 (TRENTAQUATTRO!) brani complessivi per oltre due ore di musica allora a quelle mezze misure si può proprio ufficialmente rinunciare in tutti i sensi...
Non manca il coraggio alla band americana, di certo non manca neppure la fiducia che un nome così ingombrante e rinomato attira su di sè per partito preso. Di certo la dipartita a suo tempo di un mostro sacro del calibro di Portnoy, pur se degnamente sostituito da un punto di vista tecnico dall'ottimo Mangini, è evidente come da un punto di vista compositivo la band si sia decisamente appiattita, abbia perso soprattutto il focus verso quei passaggi più intricati e duri dettati dal virtuosissimo ex drummer ripercuotendosi su una musica oggi forse troppo arrotondata e legata con un filo indissolubile all'ego del duo LaBrie-Rudess.
I Dream Theater del 2016 sono pertanto la risultante del background del vocalist e del tastierista da sempre maggiormente incentrati verso l'appeal più "melodico" ed in alcuni tratti tendente ad avvicinarsi in territori più affini (da un punto di vista prettamente sonoro) ai Pink Floyd.
E, non ce ne voglia la leggenda, è proprio dai Floyd che iniziamo ad analizzare la musica contenuta all'interno di questo doppio lavoro che inizia proprio dall'aspetto visivo dell'artwork che per certi versi riporta alla mente proprio l'immaginario della band inglese.
Di certo punti d'incontro a livello musicale non è che ce ne siano poi tanti all'interno degli oltre due ore di musica qui proposta, se non nel contorno, se non in quella ricerca smodata di un certo tipo di melodia tendente più ad addentrarsi nei meandri del prog prendendo le distanze dall'heavy più classico e da quel sound più roccioso e vorticoso con cui i Dream Theater hanno sempre duettato in passato.
Una spasmodica ricerca di melodia ed atmosfere sognanti evidentemente rinvenibili soprattutto nel primo disco, il più lungo, sviluppato in un'ora e venti i cui pezzi tendono troppo a ristagnare in soluzioni maggiormente melodiche e tutt'altro che eterogenee tra loro causando evidenti sbadigli durante l'ascolto che risulta piuttosto noioso nel complesso e che solo in alcuni tratti riesce a trarre l'attenzione dell'ascoltatore.
Per l'appunto sono LaBrie ma soprattutto Rudess i protagonisti del primo disco: si parte con due pezzi introduttivi tra cui la convincente "Dystopian Overture" dove la band americana si cimenta con pregevoli e mai ingombranti orchestrazioni per poi proseguire con "The Gift of Music" pezzo piuttosto classicheggiante che riporta alla mente i maestri Rush nei lavori anni ottanta.
Ma a poco a poco il lavoro tende a perdere in interesse: si prosegue con la breve e ultramelodica "The Answer" che rifà proprio il verso ai Dream Theater d'annata di "Hollow Years".
"A Better Life" alza leggermente i ritmi e la qualità complessiva andando maggiormente a graffiare ed incidere tra riffing più decisi e l'assolo centrale di Petrucci mentre "Lord Nafaryus" estremizza l'aspetto orchestrale e teatrale della band sulla stessa lunghezza d'onda di "Three Days" che si diverte a tratti a giocare con lo swing.
Per il resto è sempre la melodia a farla da padrone vedasi "Act of Faythe" o la solenne "Brother Can You Hear Me?" quest'ultimo un brano che finalmente torna a convincere giocato su una riuscita melodia di base e sulle atmosfere tanto care alla band che le riprenderà nel finale del secondo disco.
Dopo la graffiante "Ravenskill" ed il ritorno alla melodia a tratti ai limiti dell'AoR di "Chosen" il primo, prolisso disco, si chiude con l'atmosferica "The Road to Revolution".
Altro giro altra corsa, perchè è il momento del secondo lavoro probabilmente più ascoltabile del precedente pur se meno contaminato e maggiormente istintivo dove a prendere il sopravvento sono questa volta le chitarre di Petrucci ma anche e soprattutto la sezione ritmica del duo Mangini-Myung.
Sin dall'intro si nota come diverse saranno le atmosfere i due minuti scarsi di "2285 Entr'acte" che aprono la strada all'ottima "Moment of Betrayal" sferzata dopo pochi secondi da una chitarra rocciosa e da interessanti intrecci strumentali che riportano alla mente il periodo "Images & Words" con le dovute proporzioni stilistiche/qualitative ovviamente.
"Heaven's Cove" rallenta leggermente i ritmi sulla scorta di un pezzo diviso in due parti, la prima molto più atmosferica, la seconda che sfocia invece in un insieme strumentale più compatto ma che tiene i ritmi sempre ben saldi.
In "The Path That Divides" si torna finalmente a cavalcare ritmi sostenuti mentre "The Walking Shadow" tende a risultare addirittura cattiva nell'approccio iniziale.
"Whispers on the Wind" è invece un'altra brevissima ballad sulla scorta della precedentemente descritta "The Answer" e apre la strada per gli ultimi pezzi più comuni alle coordinate stilistiche di sempre quali "Hymn of a Thousand Voices" e "Our New World" che stupisce nel suo approccio fortemente radiofonico.
A chiudere definitivamente le oltre due ore di musica ci pensa la conclusiva "Astonishing" che riprende appieno la melodia del ritornello di "Brother Can You Hear Me?" quasi a voler andare sul sicuro per chiudere in maniera degna questo doppio album.
In definitiva, dopo lunghi ed impegnati (per quanto difficili) ascolti posso dire con certezza che questo "The Astonishing" avesse racchiuso la metà dei brani proposti sarebbe stato visto dal sottoscritto in maniera ben migliore di quella cui è stato presentato.
Troppa carne e fuoco e tante volte non di prima qualità, osando ma non troppo, convincendo ma senza incidere.
Un lavoro che farà senza dubbio la felicità dei fans della band e soprattutto degli aficionados all'aspetto più melodico di una band che sembra ormai destinata ad assecondare il volere di LaBrie e Rudess ma che al contempo, piaccia o meno, riesce ancora in qualsiasi maniera a far parlare di sè.
Track-list:
CD1
01. Descent of NOMACS
02. Dystopian Overture
03. The Gift of Music
04. The Answer
05. A Better Life
06. Lord Nafaryus
07. A Savior in the Square
08. When Your Time Has Come
09. Act of Faythe
10. Three Days
11. The Hovering Sojourn
12. Brother, Can You Hear Me?
13. A Life Left Behind
14. Ravenskill
15. Chosen
16. A Tempting Offer
17. Digital Discord
18.The X Aspect
19. A New Beginning
20. The Road to Revolution
CD2
01. 2285 Entr'acte
02. Moment of Betrayal
03. Heaven's Cove
04. Begin Again
05. The Path That Divides
06. Machine Chatter
07. The Walking Shadow
08. My Last Farewell
09. Losing Faythe
10.Whispers on the Wind
11. Hymn of a Thousand Voices
12. Our New World
13. Power Down
14. Astonishing
Per l'appunto sono LaBrie ma soprattutto Rudess i protagonisti del primo disco: si parte con due pezzi introduttivi tra cui la convincente "Dystopian Overture" dove la band americana si cimenta con pregevoli e mai ingombranti orchestrazioni per poi proseguire con "The Gift of Music" pezzo piuttosto classicheggiante che riporta alla mente i maestri Rush nei lavori anni ottanta.
Ma a poco a poco il lavoro tende a perdere in interesse: si prosegue con la breve e ultramelodica "The Answer" che rifà proprio il verso ai Dream Theater d'annata di "Hollow Years".
"A Better Life" alza leggermente i ritmi e la qualità complessiva andando maggiormente a graffiare ed incidere tra riffing più decisi e l'assolo centrale di Petrucci mentre "Lord Nafaryus" estremizza l'aspetto orchestrale e teatrale della band sulla stessa lunghezza d'onda di "Three Days" che si diverte a tratti a giocare con lo swing.
Per il resto è sempre la melodia a farla da padrone vedasi "Act of Faythe" o la solenne "Brother Can You Hear Me?" quest'ultimo un brano che finalmente torna a convincere giocato su una riuscita melodia di base e sulle atmosfere tanto care alla band che le riprenderà nel finale del secondo disco.
Dopo la graffiante "Ravenskill" ed il ritorno alla melodia a tratti ai limiti dell'AoR di "Chosen" il primo, prolisso disco, si chiude con l'atmosferica "The Road to Revolution".
Altro giro altra corsa, perchè è il momento del secondo lavoro probabilmente più ascoltabile del precedente pur se meno contaminato e maggiormente istintivo dove a prendere il sopravvento sono questa volta le chitarre di Petrucci ma anche e soprattutto la sezione ritmica del duo Mangini-Myung.
Sin dall'intro si nota come diverse saranno le atmosfere i due minuti scarsi di "2285 Entr'acte" che aprono la strada all'ottima "Moment of Betrayal" sferzata dopo pochi secondi da una chitarra rocciosa e da interessanti intrecci strumentali che riportano alla mente il periodo "Images & Words" con le dovute proporzioni stilistiche/qualitative ovviamente.
"Heaven's Cove" rallenta leggermente i ritmi sulla scorta di un pezzo diviso in due parti, la prima molto più atmosferica, la seconda che sfocia invece in un insieme strumentale più compatto ma che tiene i ritmi sempre ben saldi.
In "The Path That Divides" si torna finalmente a cavalcare ritmi sostenuti mentre "The Walking Shadow" tende a risultare addirittura cattiva nell'approccio iniziale.
"Whispers on the Wind" è invece un'altra brevissima ballad sulla scorta della precedentemente descritta "The Answer" e apre la strada per gli ultimi pezzi più comuni alle coordinate stilistiche di sempre quali "Hymn of a Thousand Voices" e "Our New World" che stupisce nel suo approccio fortemente radiofonico.
A chiudere definitivamente le oltre due ore di musica ci pensa la conclusiva "Astonishing" che riprende appieno la melodia del ritornello di "Brother Can You Hear Me?" quasi a voler andare sul sicuro per chiudere in maniera degna questo doppio album.
In definitiva, dopo lunghi ed impegnati (per quanto difficili) ascolti posso dire con certezza che questo "The Astonishing" avesse racchiuso la metà dei brani proposti sarebbe stato visto dal sottoscritto in maniera ben migliore di quella cui è stato presentato.
Troppa carne e fuoco e tante volte non di prima qualità, osando ma non troppo, convincendo ma senza incidere.
Un lavoro che farà senza dubbio la felicità dei fans della band e soprattutto degli aficionados all'aspetto più melodico di una band che sembra ormai destinata ad assecondare il volere di LaBrie e Rudess ma che al contempo, piaccia o meno, riesce ancora in qualsiasi maniera a far parlare di sè.
Track-list:
CD1
01. Descent of NOMACS
02. Dystopian Overture
03. The Gift of Music
04. The Answer
05. A Better Life
06. Lord Nafaryus
07. A Savior in the Square
08. When Your Time Has Come
09. Act of Faythe
10. Three Days
11. The Hovering Sojourn
12. Brother, Can You Hear Me?
13. A Life Left Behind
14. Ravenskill
15. Chosen
16. A Tempting Offer
17. Digital Discord
18.The X Aspect
19. A New Beginning
20. The Road to Revolution
CD2
01. 2285 Entr'acte
02. Moment of Betrayal
03. Heaven's Cove
04. Begin Again
05. The Path That Divides
06. Machine Chatter
07. The Walking Shadow
08. My Last Farewell
09. Losing Faythe
10.Whispers on the Wind
11. Hymn of a Thousand Voices
12. Our New World
13. Power Down
14. Astonishing
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