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TWILIGHT ZONE "Visions Of Freedom" (Recensione)


Full-length, Diamonds Prod
(2022)

Attivi sin dal 1993, i Twilight Zone rappresentano, almeno per longevità, una delle band più rappresentative del metal tradizionale italiano. Non si può altrettanto dire della loro discografia, che è costituita da due soli full-length e da una manciata di demo e split. Poco male, perchè alla fine è il risultato che conta, e questo "Visions Of Freedom" non deluderà le attese di chi già li seguiva e che dal 2014 non aveva ancora avuto modo di assaporare un nuovo full-length (il precedente "...the Beginning" è targato 2014).

Questo nuovo "Visions Of Freedom" esce alla fine del 2022 e presenta una band vogliosa di farsi valere, grazie ad un album che convince anche se, lo diciamo subito, sarebbe potuto essere un po' migliore, e questo perchè se da un lato abbiamo episodi molto convincenti, dall'altro si nota qualche flessione di troppo nella qualità dell'album. Prendiamo l'inizio del disco, contraddistinto da una canzone di apertura (che comunque segue la intro "Nemesis") magnifica come "The Laws of Denial", che ha tiro, potenza e tecnica al top, ma poi è seguita da una canzone un po' piatta come "Freedom on My Skin", che si basa interamente su un riffing più hard rock che heavy e con un mid tempo un po' troppo statico. Inoltre in questo brano la voce di Val Shieldon appare un po' fuori contesto negli acuti, che appaiono un po' forzati. Come dicevo, però, l'album ha molte qualità, e col quarto brano, "In the Eye of the Biggest Storm", la band rialza la testa con un pezzo di puro heavy metal che alterna parti aggressive e altre più riflessive, ma dove il songwriting torna a livelli molto buoni, con quel tocco epico che riprende anche la cover dell'album, un po' in stile Manowar. Ancora meglio con la tellurica "Run but Can't Hide", brano veloce e con un lavoro di chitarra degno di nota. Un pezzo che riporta alla mente formazioni come Paragon, Hammerfall, Grave Digger e qualcosa dei Rage più vecchi.

Con "Reminescence" la band si butta in un pezzo lento ed epico che rimembra certe cose degli Iron Maiden più tranquilli, e anche la voce riprende un po' le tonalità di Bruce Dickinson. Da qui in poi il proseguimento dell'album è facile da intuire; avremo ancora una buona alternanza tra pezzi veloci e altri lenti. E qui nasce un po' il problema che accennavo in apertura, perchè a mio avviso sono troppi i pezzi lenti. Prendiamo ad esempio il brano "Soul Reaper" che cerca di essere emozionante, ma che appare un po' troppo standardizzato e con un solo piccolo sussulto dopo la metà, quando i toni si alzano un po'. Ma in generale questo album non riesce a centrare pienamente il bersaglio, perchè la band a volte si perde in un bicchiere d'acqua e oscura l'ottimo lavoro fatto su alcuni pezzi con altri troppo spompi (un altro esempio? "Cloudwork" che delude ancora).

Luci ed ombre quindi sui Twilight Zone, che partono alla grande ma che poi si perdono, soprattutto nella seconda parte dell'album. Sia chiaro che ad ogni modo il disco in questione è discreto come valutazione finale e che alcuni brani che a me non sono piaciuti perchè troppo lenti, magari potrebbero piacere ad altri, i quali magari dal metal non vogliono solo cavalcate su cavalcate, quindi il mio consiglio è comunque quello di approcciarvi con fiducia a questo album, perchè ha almeno la metà della tracklist di ottimo livello.

Recensore: Prodigal Son
Voto: 6,5/10

Tracklist:
1. Nemesis 
2. The Laws of Denial 
3. Freedom on My Skin 
4. In the Eye of the Biggest Storm 
5. Run but Can't Hide 
6. Reminescence 
7. Soul Reaper 
8. Cloudwork 
9. Vision 
10. Warmongers 

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