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Intervista: JACK BRAIN


1 - "Shadow Archetype" è il tuo settimo album, un bel traguardo! Parlaci un po' della sua genesi.
La maggior parte dei brani di Shadow archetype nascono a fine 2022 e dall'esigenza di comporre del materiale più accattivante e diretto. Ho scritto tutto in breve tempo e ho voluto dare al lavoro un'impronta tendenzialmente elettronica per renderlo il più attuale possibile e per provare ad avvicinarmi sia alla nuova scena musicale che alle nuove generazioni,sempre senza rinunciare ai miei riferimenti e alle caratteristiche del mio sound.

2 - Quanto c'è di autobiografico nei testi di "Shadow Archetype"?
C'è sempre molto di autobiografico in ciò che scrivo, però non voglio svelare troppo di me quindi mi nascondo dietro un linguaggio criptico e misterioso. Posso dire di non essere il tipico “rocker” sia per l'aspetto che per il mio carattere timido e schivo, questo sicuramente non mi ha permesso di raggiungere un grande pubblico. Con le mie idee e i testi catturo dei momenti particolari del mio vissuto e degli stati d'animo che poi trasformo in canzoni.

3 - Parlaci delle influenze presenti nella tua musica. A quali artisti ti sei ispirato per comporre "Shadow Archetype"?
Per Shadow Archetype ho preso come riferimento tutta la scena trip hop degli anni '90, dai Massive Attack ai Prodigy per passare poi alle sperimentazioni elettroniche di artisti come Aphex Twin. Alcune tracce risentono molto anche dell'influenza dei Tool e progetti collaterali (A Perfect Circle e Puscifer) ; soprattutto per quanto riguarda la linea vocale e lo stile dei testi.

4 - Cosa vuole raggiungere Jack Brain adesso, e quindi come ti muoverai?
Mi piacerebbe scrivere qualcosa di ancora più personale e all'avanguardia, di staccarmi da alcune influenze rock che sinceramente mi hanno stancato dopo otto album. Penso che per il prossimo disco mi muoverò in una direzione che privilegerà la parte strumentale, però ci vorrà del tempo per organizzare un lavoro degno di essere pubblicato.


5 - Non hai uno stile facilmente etichettabile. Vuoi provare a descriverci la tua musica?
Il mio stile si potrebbe definire“quadrimensionale” per il suo carattere bizzarro, psichedelico e introspettivo. Ho sempre amato le atmosfere oniriche, sia in musica che nelle altre forme d'arte, e ho cercato di riportare questo aspetto anche nei miei brani. Sono fan della regista Maya Deren, dell'artista Alberto Martini e in ambito musicale amo progetti come Vampire Rodents e i Dead Can Dance, che hanno saputo creare un sound ammaliante e difficilmente inquadrabile.

6 - Stai suonando dal vivo o vorresti farlo?
Mi piacerebbe suonare dal vivo ma è molto difficile organizzarsi e trovare le persone giuste con cui collaborare, oltre al fatto che non dispongo di una strumentazione adatta per far funzionare al meglio le canzoni. Spero prima o poi di riuscire a portare un mio nuovo progetto dal vivo, perché questo aspetto mi manca tanto: i miei ultimi live risalgono al 2019 con la band No More Nothing.

7 - Come nasce di solito un tuo brano?
Abbraccio la chitarra e le idee solitamente arrivano in poco tempo, in seguito inizio a scrivere il testo dopo aver canticchiato una linea vocale. Infine inizio a registrare aggiungendo i particolari degli arrangiamenti.

8 - Ok, le ultime parole a te. Un saluto!
Grazie mille, “The Sound of Perseverance” è un bel nome per una webzine e un bell'omaggio ad un disco geniale per il periodo (sono cresciuto con il metal estremo e ho consumato i lavori dei Death e di altri gruppi come Strapping Young Lad, At the Gates, Centinex...)


Intervista a cura di Prodigal Son


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