Passa ai contenuti principali

AYREON - "The Source"

AYREON - "The Source"
(Full-lenght, Music Theories Recordings, Aprile 2017)

Voto: 8/10

Genere: Progressive Metal

Line-up: Arjen Lucassen (chitarra, basso, hammond, strumentazioni classiche), Ed Warby (batteria)



Nuovo concept e nuovo capitolo per il progetto Ayreon, nota creatura del polistrumentista olandese Arjen Lucassen accompagnato per l'occasione dal fido Ed Warby alla batteria e la solita quantità industriale di guest star dietro al microfono (una per ogni personaggio narrato) a formare la solita all-star band della scena metal internazionale.
Stare qui ad elencare tutti i nomi che hanno preso parte a questo nuovo lavoro rappresenta impresa ardua: basterebbe tuttavia citare James LaBrie (Dream Theater), Hansi Kursch (Blind Guardian), Floor Jansen (Nightwish), Tobias Sammet (Edguy, Avantasia), Russell Allen (Symphony X) e via dicendo, per dare un'idea delle solite dimensioni e della magniloquenza del solito lavoro ambizioso e perfettamente costruito dal musicista olandese.

"The Source" si compone di due dischi piuttosto omogenei nella durata che trascinano il concept di base per circa un'ora e mezza di musica capace di rappresentare il solito esaltante compendio di prog, folk e neoclassica estremamente teatrale e voluttuoso, in cui ai virtuosismi strumentali di Lucassen si aggiunge l'indubbio talento dei protagonisti dietro al microfono ciascuno dei quali intepreta un proprio personaggio dando altresì sfogo alla propria capacità canora ma soprattutto intepretativa.

E proprio questo è stato e continua ad essere il principale pregio del progetto Ayreon: il ruolo dei guests, assolutamente mai costretti o tenuti semplicemente ad "eseguire" ma piuttosto a "recitare". Una all-star band a tutti gli effetti ed il cui risultato è sotto gli occhi (o meglio le orecchie) di tutti. Malgrado infatti un simile genere musicale si presti di per sè al rischio di risultare eccessivamente tronfio, prolisso ed autocompiacente, all'interno di questo lavoro non si scorge assolutamente nulla di tutto questo.

Il concept è ambizioso è ben strutturato: si parte dal pianeta "Alpha" su cui, in un contesto apocalittico, si cerca una soluzione ai problemi ecologici ed ambientali che attanagliano l'esistenza della popolazione indigena. Per ovviare a ciò la soluzione viene trovata nel colonizzare un altro pianeta trasportandovi parte della popolazione di Alpha e lasciando la restante al proprio destino. Nel passaggio tra il vecchio pianeta ed il nuovo, i viaggiatori saranno ibernati e trattati con un farmaco (il "The Source" appunto) che li trasformerà in una specie più adatta al contesto acquatico del nuovo pianeta, cancellandone completamente la memoria "pre". 

Da un punto di vista stilistico rispetto al recente passato l'album si manifesta più diretto e per certi versi "easy". Tanti capitoli all'interno delle composizioni sono brevi e concisi con una sola vera "suite", la splendida "The Day that the World Breaks Down" che apre l'album trascinandosi in 12 minuti entusiasmanti in cui i principali protagonisti del lavoro si alterneranno dietro al microfono in una sorta di prequel di quel che sarà il resto del lavoro, ed un Lucassen al solito ispiratissimo nel serrare le fila di un pezzo che sa essere tanto dannatamente heavy nelle improvvise ripartenze chitarristiche quanto improvvisamente bluesy nell'ultimo break in cui un morbido arpeggio riapre le danze per il finale.

Con "Everybody Dies" si entra nel vivo del racconto, un pezzo da tipica opera rock, che riprende nei chorus un certo retrogusto che sa tanto di Queen e che fa soprattutto della sinfonia il proprio pezzo forte mentre nella successiva "Star of Sirrah" presta la propria ascia nientemente che mister Paul Gilbert autore di un assolo da sogno.
Il primo disco non presenta praticamente alcun segno di debolezza, i pezzi sono tutti vari tra loro, rappresentando le mille sfaccettature di un racconto che raggiunge il proprio apice di azione nella veloce cavalcata "Run! Apocalypse! Run!" pezzo in pieno stile Edguy dove, non a caso, è proprio Tobias Sammet capitano dell'astronave a prestare la sua solita ugola.

Il secondo album è praticamente ambientato sul nuovo pianeta e forse non a caso le atmosfere del lavoro assumono un'aura maggiormente "teatrale" a partire dal chorus iniziale dell'opener "Aquatic Race". Facendo evidentemente il verso al raggiungimento di un pianeta più incontaminato ed ovattato, anche le songs assumono una diversa corposità e caratura, facendo calare in parte l'attenzione più in particolare per l'assenza di quegli improvvisi sbalzi d'umore del primo disco. 
Ciò non toglie che pezzi del calibro di "Deathcry of a Race" dove è ancora il chirurgico Hansi Kursch  a salire alla ribalta, o ancora la splendida "Planet Y is Alive" ("Y" è il nome che gli Alphiani assegneranno al nuovo pianeta) rappresentano altrettanti entusiasmanti capitoli capaci di eclissare pezzi non brutti, ma sicuramente meno ispirati, come "Bay of Dreams" o "Journey to Forever".

Possiamo dunque tranquillamente dire ed ammettere che il maestro Arjen Lucassen non ne sbaglia una e che ci mostra anche come sia possibile addirittura semplificare la struttura dei brani senza perdere minimamente l'appeal necessario a lavori del genere così come a mostrare al mondo intero il lavoro che può esserci dietro tali tipologie di pubblicazioni. Ennesimo capitolo entusiasmante di una carriera, quella del polistrumentista olandese, che lo rende ad oggi uno degli artisti più geniali dell'intera scena. E portare avanti un concetto musicale del genere nel 2017, continuandolo a rendere fresco ed interessante, non è assolutamente roba da poco!

Track-list:

CD1:

01. The Day that the World Breaks Down
02. Sea of Machines
03. Everybody Dies
04. Star of Sirrah
05. All that Was
06. Run! Apocalypse! Run!
07. Condemned to Live

CD2:

01. Aquatic Race
02. The Dream Dissolves
03. Deathcry of a Race
04. Into the Ocean
05. Bay of Dreams
06. Planet Y is Alive!
07. The Source Will Flow
08. Journey to Forever
09. The Human Compulsion
10. March of the Machines




Commenti

Post popolari in questo blog

PANDEMONIUM CARNIVAL "Pandemonium Carnival II" (Recensione)

Full-length, Ghost Record Label (2024) I Pandemonium Carnival hanno deciso di riportare in auge un genere musicale in stile anni '80/'90 che si rifà al classico Punk Rock "Horror" sulla scia dei Misfits, per citarne una . Non vanno troppo per il sottile e neanche si preoccupano di essere "copioni", perchè grazie al loro modo di proporre musica sciorinano una speciale formula diretta e sagace.  Tutto questo è riconducibile al loro nuovo album chiamato semplicemente "Pandemonium Carnival II". Un punk rock robusto, creativo e snello che scivola via come l'olio, dove sono presenti passi fondamentali, che determinano quei gradi di originalità sufficienti a non farli accostare troppo a figure già note sulla scena. In questo ascolto è presente una certa “carnalità” di fondo che passa con fare solido e deciso sopra una tracklist ben studiata, sempre propensa nel conferire piacevoli scossoni.  "Pandemonium Carnival II", è un disco caparbio, ch...

Intervista a LUCIO MANCA

Lucio Manca è uno splendido bassista e polistrumentista italiano che sta per tornare sul mercato con un nuovo album intitolato "Camaleontico". Abbiamo quindi deciso di intervistarlo per saperne di più su di lui, sulla sua musica e altre cose interessanti. A lui la parola. Buona lettura! 1 - Ciao e benvenuto! Cominciamo parlando in generale di "Camaleontico". Ciao ragazzi di THE SOUND OF PERSEVERANCE, grazie per lo spazio! "Camaleontico" è il mio quarto solo album che uscirà il 25 gennaio 2025. La mia musica si sposa con l’eccentricità e la vivacità che hanno sempre contraddistinto i Liquid Tension, Polyphia e Blotted Science; nell'album ci sono decisi richiami al progressive metal degli anni '80, virtuosismi e un’irriverente attitudine rock. Per la realizzazione mi sono avvalso della collaborazione di grandi musicisti e cari amici: Sergey Boykov alle tastiere, Gabriele D'Amico alla batteria, Eros Melis come guest negli assoli di chitarra. L...

VIOLENTOR "Burn in Metal" (Recensione)

Full-length, Folter Records (2024) Sesto album per questa truce realtà toscana. Ci sarebbero diversi discorsi da fare su attitudine, metal, brutalità, coerenza...Ma basta mettere nel lettore questo "Burn In Metal" per capire che è tutto qui dentro e che tanti discorsi potrebbero non essere fatti per chi familiarizza con l'old school, il metal estremo e tante altre cose che hanno reso il metal come un genere rivoluzionario tanti anni fa, e che oggi purtroppo viene snaturato della sua essenza più pericolosa grazie ad una omologazione sempre più accentuata e che tende verso una forma di metal profumata e politicamente troppo corretta. In questo album tutto questo viene distrutto. La rabbia della band si esprime in episodi primordiali e ricchi di blasfemia. Il Power-trio in questione suona come un mix tra il proto thrash, lo speed metal e vaghi retaggi punk-hardcore. Inutile qui citare Venom, Motorhead, Gehennah e altri, perchè se avete capito cosa ho scritto finora, non vi d...