Passa ai contenuti principali

KROKUS - "Big Rocks"

KROKUS - "Big Rocks"
(Full-lenght, Sony Music, Gennaio 2017)

Voto: 5/10

Genere: Hard Rock

Line-up: Chris Von Rohr (basso), Fernando von Arb (chitarra), Marc Storace (voce), Mandy Meyer (chitarra), Mark Kohler (chitarra), Flavio Mezzodi (batteria)

 Della serie "pubblichiamo qualcosa tanto per..." tornano in pista gli elvetici Krokus nome storico della scena hard rock mondiale ancora sulle scene dopo una carriera ormai quarantennale, pur se lontani dalle scene discografiche ormai da cinque anni.
E quel "tanto per" è evidente la molla principale che spinge la band del mastermind Chris von Rohr a pubblicare come diciottesimo full della propria carriera, questo "Big Rocks" un tributo, come potrete capire, a quei musicisti e quelle band che hanno fatto la stora del rock tutto.

Di per sè nulla di male, se si considera la miriade di altre band che si è cimentata nell'arco della propria carriera tanto nella riproposizione dei brani dei grandi, quanto nella pubblicazione di vere e proprie antologie e tributi musicali. Ma se in molti casi, questi lavori si sono trasformati in vere e proprie "sperimentazioni" o riletture particolari dei brani stessi, in altri casi non è stata certamente la voglia di osare la principale prerogativa di certi lavori.

Certo, la domanda è lecita...ma cosa dovrebbero sperimentare i Krokus??? Assolutamente nulla sia chiaro; a lungo ho ritenuto (e continuo a ritenere) i Krokus come la seconda band più essenziale del pianeta dopo gli AC/DC band con la quale il sestetto di Solothurn non può cono raffrontarsi sia per lo stile musicale che per, appunto, l'essenzialità della propria proposta, che solo in parte degli anni '80 aveva quasi fatto registrare una svolta più heavy per poi riportare la band sui binari del classico hard rock sound.

E certo snocciolando anche i nomi di alcuni degli artisti tributati non si può che confermare l'effettiva e voluta sobrietà del lavoro stesso che non si stacca assolutamente da quello che rappresenta il genere o comunque le influenze principali del combo svizzero, e citiamo solo The Who, The Animals, Steppenwolf e Rolling Stones.

Bene, il punto principale, e più in generale quello che fa pendere la lancetta di gradimento al di sotto di una sufficienza piena, è la maniera in cui viene di per sè confezionato il prodotto. I Krokus in questo frangente sembrano infatti aver voluto svolgere il compitino in maniera frettolosa  manieristica, quasi come sei ragazzi chiusi in garage a suonare per se stessi tra fiumi di birra e deliri vari. Ma se a questa birra sostituiamo la Pepsi, avrete capito quale sarà il risultato!!!

Perchè i Krokus nell'occasione non graffiano, iniziano in maniera estremamente soft citando i Black Sabbath con la storica "N.I.B" qui usata solo per poco più di 60 secondi praticamente ripetendo solo il celebre riff a mo di intro, e poi non riescono mai ad elevarsi abbastanza mostrando un sound troppo "arrotondato" e pulito, in cui praticamente nulla è lasciato all'improvvisazione con una sezione ritmica che si limita a dettare tempi classici senza alcuna variazione di tema e dove le vocals graffianti e grezze del buon Storace sembrano quasi sprecate nel contesto.

Belle le prove in "Summertime Blues" di Eddie Cochran o "Rockin in the Free World" di Neil Young, mentre "House of the Rising Sun" dei The Animals riesce a perdere totalmente tutto il suo pathos.
La cover di "Whole Lotta Love" invece risulta svuotata di ogni spunto interessante mentre il pezzo finale "Back Seat Rock 'n' Roll" contiene al suo interno una citazione di "Rock n Roll" dei Led Zeppelin come title-track.

Avete capito tutto insomma: un disco inutile, un riempitivo in più per i collezionisti ed i fans sfegatati della band di von Rohr e soci che probabilmente iniziano a pagare fisiologicamente i segni del tempo.

Track-list:

01. N.I.B. (Black Sabbath cover)
02. Tie Your Mother Down (Queen cover)
03. My Generation (The Who cover)
04. Wild Thing (The Troggs cover)
05. The House of the Rising Sun (The Animals cover)
06. Rockin' in the Free World (Neil Young cover)
07. Gimme Some Lovin (Spencer Davis Group cover)
08. Whole Lotta Love (Led Zeppelin cover)
09. Summertime Blues (Eddie Cochran cover)
10. Born to be Wild (Steppenwolf cover)
11. Quinn the Eskimo (Bob Dylan cover)
12. Jumpin' Jack Flash (The Rolling Stones cover)
13. Back Seat Rock' n Roll


Commenti

Post popolari in questo blog

PANDEMONIUM CARNIVAL "Pandemonium Carnival II" (Recensione)

Full-length, Ghost Record Label (2024) I Pandemonium Carnival hanno deciso di riportare in auge un genere musicale in stile anni '80/'90 che si rifà al classico Punk Rock "Horror" sulla scia dei Misfits, per citarne una . Non vanno troppo per il sottile e neanche si preoccupano di essere "copioni", perchè grazie al loro modo di proporre musica sciorinano una speciale formula diretta e sagace.  Tutto questo è riconducibile al loro nuovo album chiamato semplicemente "Pandemonium Carnival II". Un punk rock robusto, creativo e snello che scivola via come l'olio, dove sono presenti passi fondamentali, che determinano quei gradi di originalità sufficienti a non farli accostare troppo a figure già note sulla scena. In questo ascolto è presente una certa “carnalità” di fondo che passa con fare solido e deciso sopra una tracklist ben studiata, sempre propensa nel conferire piacevoli scossoni.  "Pandemonium Carnival II", è un disco caparbio, ch

ARTIFICIAL HEAVEN "Digital Dreams" (Recensione)

Full-length, My Kingdom Music (2024) Alcune note biografiche per presentare questa band al suo esordio: " Band romana, formatasi a fine ottobre 2021 dalle ceneri di Witches Of Doom e altri progetti, Gli ARTIFICIAL HEAVEN hanno creato un mix diversificato di Gothic -rock dal sapore epico che mostra in pieno le influenze di grandi artisti degli anni Ottanta, tra cui The Cult, Bauhaus, Sisters of Mercy, Fields of the Nephilim, Killing Joke e Iggy Pop. "Digital Dreams" è un concentrato di gothic rock e post-punk con vibrazioni arricchite dalla collaborazione di ospiti illustri tra cui Francesco Sosto e Riccardo Studer. Sebbene non sia un vero concept album, alcuni dei testi di "Digital Dreams" sono legati tra loro da un chiaro comune filo conduttore ovvero l'accelerazione della rivoluzione digitale e dei suoi effetti sulla vita di tutti noi. Registrato agli Outer Sound Studios con il produttore Giuseppe Orlando, è disponibile in un'edizione deluxe la cui co

NITRITONO "Cecità" (Recensione)

Full-length, My Kingdom Music (2024) Due album pubblicati e uno split coi Ruggine, i Nitritono con questo “Cecità” esplorano l'ambiziosa prova del concept album, che in questo caso si basa sull’omonimo romanzo dello scrittore portoghese Josè Saramago, che racconta il tema dell’indifferenza nella società moderna. Il suono esce fuori è fragoroso e davvero imponente e le urla strozzate di Siro Giri, anche chitarrista, colpiscono duro l'ascoltatore sin dal primo brano in scaletta, l'ottimo "A Denti Stretti (pt. 1)" che presagisce poi un album torbido e inquieto, che chiama in causa sia i primordi del genere post metal di band come Neurosis, ma che si concentra sul presente a conti fatti, non andando a copiare nessuno in particolare. Gli arpeggi di chitarra, le dissonanze, le esplosioni di rabbia incontenibile riportano a scenari cupi dell'umanità, ben rappresentati dal concept scelto. Ci sono anche vaghi rimandi allo stoner particolare e sfaccettato di band come i