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DYSTOPYA - "Always Remember Me"

DYSTOPYA - "Always Remember Me"
(Full-lenght, Autoproduzione, 2007)

Voto: 5/10

Genere: Thrash/Groove

Line-up:



Giungono al debutto ufficiale i milanesi Dystopya che con "Always Remember Me" ci propongono un lavoro piuttosto interlocutorio. Se da un lato infatti i nostri aprono l’album in uno stile diretto e sfrontato alla maniera dei Sodom, successivamente si perdono clamorosamente cadendo in tentazioni più melodiche e riempiendo il lavoro di vere e proprie power-ballads che, inserite quasi a cadenza regolare finiscono per affossare definitivamente un lavoro partito con buoni propositi. Ed è davvero un peccato perchè i Dystopya dimostrano subito di avere buone frecce al proprio arco: l’ opener "P.I.L." è infatti un’affilata mazzata sonora per certi versi accomunabile alle sonorità di Sodom e Kreator;
tanta potenza, asce in evidenza, sezione ritmica esaltante e lo screaming del singer Luca che creano un brano estremamente accattivante e che mi ha particolarmente colpito, poi… il nulla, o meglio il "quasi" nulla. Dico "quasi" perchè non tutto è da buttare all’interno di questo "Always Remember Me" che paga oltremodo lo scotto di un avvio promettente ma soprattutto la sciagurata idea di inserire vere e proprie power-ballads costituite dal solito arpeggio iniziale con tanto di cantato melodico (a dire il vero tra l’altro anche particolarmete stucchevole) per poi sfociare nelle solite chitarre improvvisamente aggressive, troppo scontate per catturare realmente l’attenzione dell’ascoltatore. Se a ciò aggiungiamo un songwriting sotto questo punto di vista piuttosto carente che caratterizza i suddetti brani – ascoltare "Moon’s Crying" o "In the Black Heart of the Oceans" dotate di strutture troppo prevedibili, tanto per capirci – ecco che mi viene difficile come salvare questo album di debutto.
Eppure qualche momento azzeccato non manca, rimanendo in tema di ballad riesce a convincere ad esempio "Fog of Fear", ma per il resto ripeto ci sarà da lavorare in casa Dystopya sempre in attesa che i nostri riescano a trovare la loro reale dimensione. Ed è proprio questo il punto visto che la perizia tecnica non manca ai nostri ed il songwriting più che carente per un fatto qualitativo pare troppo penalizzato proprio da questa discordanza interna a livello di genere.
Per il resto l’album si muove sulle coordinate di un thrash metal potente ma allo stesso tempo melodico (troppo) che prende spunto decisamente da quello che furono i Pantera riletto però in chiave più smussata e con inserimenti più "alternative" come ad esempio in "Alameida" dove sono addirittura influenze al limite del rap ad inserirsi all’interno della proposta. Insomma, un album che vive di tante contraddizioni i cui punti deboli principali sono una disomogeneità generale che non può far altro che disorientare l’ascoltatore e le tante, troppe, ballad che appesantiscono la proposta. Ed è un peccato perchè se tutti i brani avessero suonato sulla falsariga di "P.I.L." probabilmente ora staremmo qui a parlare di un altro album. Ma era solo il debutto del resto, allora aspettiamo i nostri al varco per un nuovo lavoro che, si spera, sarà in grado di migliorare la qualità generale della proposta.

Track-list:

01. P.I.L.
02. Moon's Crying
03. Blind Angel
04. Fog of Fear
05. Alameida
06. Timanfaya
07. In the Black Heart of the Ocean
08. As Moths to the Light
09. Killing Time

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