ORANGE GOBLIN - "A Eulogy for the Damned"
(Full-lenght, Candlelight Records, Febbraio 2012)
Voto: 7/10
Genere: Stoner
Line-up: Ben Ward (voce), Joe Hoare (chitarra, tastiere), Martyn Millard (basso), Chris Turner (batteria)
Tornano in pista, dopo ben cinque anni di silenzio discografico, gli stoner-Gods per eccellenza Orange Goblin.
Eulogy for the Damned rappresenta il settimo sigillo discografico per la band britannica che per l’occasione tenendo fede a quanto fatto finora non cambia di una virgola quella che è la classica proposta basata su uno stoner metal fortemente devoto alle classiche sonorità seventies.
Nulla di nuovo sotto il sole insomma, e non poteva essere altrimenti, ma il quartetto capitanato dal carismatico singer Ben Ward al solito non stecca l’appuntamento tirando fuori un lavoro che, senza troppe pretese, centra appieno l’obiettivo della band e soprattutto le aspettative della folta schiera di fans degli albionici.
Tanti riff, tanto sudore, e soprattutto tanti passaggi pregevoli e refrain di sicura presa, tenendo tuttavia sempre all’orecchio una certa variabilità di umori necessaria a rendere compiuti lavori come questo.
Alzi la mano insomma chi riuscirà ad annoiarsi all’ascolto dei brani qui presenti, detrattori del genere a parte.
Si parte dalla grintosa opener Red Tide Rising scelta dalla band come singolo; un pezzo tanto classico quanto accattivante caratterizzato da una ripartenza centrale di sicura presa. Ma l’album ha il merito di attraversare diversi umori: dal rock-blues della successiva Stand for Something ad una certa "ferocia" esecutiva rinvenibile in brani come Acid Trial o The Fog, senza disdegnare la pura anima rock ‘n’ roll con The Filthy & the Few.
Non mancano neppure episodi più riflessivi come la sulfurea Save Me from Myself che rallenta leggermente i ritmi di un lavoro che parte subito a marce alte.
A chiudere l’album ci pensa la title-track dal fortissimo flavour psichedelico che non poteva mancare in un lavoro del genere.
Certo non faranno gridare al miracolo e sicuramente non apporteranno nulla di nuovo al variegato panorama musicale, ma non è certo questo il compito degli Orange Goblin.
Ma per gli adepti a certe sonorità l’appuntamento con un disco dei britannici rappresenta sempre un evento importante e di questi tempi neppure troppo frequente, altra caratteristica questa che rende ancor più onesto il lavoro di una band che va ormai in giro da quasi un ventennio.
Track-list:
01. Red Tide Rising
02. Stand for Something
03. Acid Trial
04. The Filthy & the Few
05. Save Me from Myself
06. The Fog
07. Return to Mars
08. Death of Aquarius
09. The Bishops Wolf
10. A Eulogy for the Damned
(Full-lenght, Candlelight Records, Febbraio 2012)
Voto: 7/10
Genere: Stoner
Line-up: Ben Ward (voce), Joe Hoare (chitarra, tastiere), Martyn Millard (basso), Chris Turner (batteria)
Tornano in pista, dopo ben cinque anni di silenzio discografico, gli stoner-Gods per eccellenza Orange Goblin.
Eulogy for the Damned rappresenta il settimo sigillo discografico per la band britannica che per l’occasione tenendo fede a quanto fatto finora non cambia di una virgola quella che è la classica proposta basata su uno stoner metal fortemente devoto alle classiche sonorità seventies.
Nulla di nuovo sotto il sole insomma, e non poteva essere altrimenti, ma il quartetto capitanato dal carismatico singer Ben Ward al solito non stecca l’appuntamento tirando fuori un lavoro che, senza troppe pretese, centra appieno l’obiettivo della band e soprattutto le aspettative della folta schiera di fans degli albionici.
Tanti riff, tanto sudore, e soprattutto tanti passaggi pregevoli e refrain di sicura presa, tenendo tuttavia sempre all’orecchio una certa variabilità di umori necessaria a rendere compiuti lavori come questo.
Alzi la mano insomma chi riuscirà ad annoiarsi all’ascolto dei brani qui presenti, detrattori del genere a parte.
Si parte dalla grintosa opener Red Tide Rising scelta dalla band come singolo; un pezzo tanto classico quanto accattivante caratterizzato da una ripartenza centrale di sicura presa. Ma l’album ha il merito di attraversare diversi umori: dal rock-blues della successiva Stand for Something ad una certa "ferocia" esecutiva rinvenibile in brani come Acid Trial o The Fog, senza disdegnare la pura anima rock ‘n’ roll con The Filthy & the Few.
Non mancano neppure episodi più riflessivi come la sulfurea Save Me from Myself che rallenta leggermente i ritmi di un lavoro che parte subito a marce alte.
A chiudere l’album ci pensa la title-track dal fortissimo flavour psichedelico che non poteva mancare in un lavoro del genere.
Certo non faranno gridare al miracolo e sicuramente non apporteranno nulla di nuovo al variegato panorama musicale, ma non è certo questo il compito degli Orange Goblin.
Ma per gli adepti a certe sonorità l’appuntamento con un disco dei britannici rappresenta sempre un evento importante e di questi tempi neppure troppo frequente, altra caratteristica questa che rende ancor più onesto il lavoro di una band che va ormai in giro da quasi un ventennio.
Track-list:
01. Red Tide Rising
02. Stand for Something
03. Acid Trial
04. The Filthy & the Few
05. Save Me from Myself
06. The Fog
07. Return to Mars
08. Death of Aquarius
09. The Bishops Wolf
10. A Eulogy for the Damned
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