NOVEMBERS DOOM - "Aphotic"
(Full-lenght, The End Records, Maggio 2011)
Voto: 6/10
Genere: Melodic Doom/Death
Line-up: Paul Kuhr (voce), Vito Marchese (chitarra), Larry Roberts (chitarra, voce), Mike Feldman (basso), Sasha Horn (batteria)
Il nuovo sentiero stilistico l’avevano tracciato quattro anni fa, proseguito nel 2009 con il deludente Into Night’s Requiem Infernal e consolidato con il qui presente Aphotic, ottava fatica in studio del combo dell’Illinois.
Autori da sempre di un melodic/death atmosferico ed intricato, capace com’era di strizzare l’occhiolino ad una certa componente "gotica" senza per questo risultare ruffiani, i Novembers Doom hanno da sempre rappresentato per il sottoscritto una band di notevole valore artistico. La svolta intrapresa qualche anno fa, mi lasciò un pò perplesso, ma se quel The Novella Reservoir rappresentava a mio giudizio ancora un lavoro apprezzabile, il suo successore mi aveva fatto decisamente storcere il naso.
Aphotic non fa altro che confermare la nuova strada intrapresa dalla band, che continua sulla scìa di una certa semplificazione delle strutture che la porta sempre più ad avvicinarsi a qualcosa di decisamente più mainstream e meno intimistico.
Ancora più spazio pertanto alle clean vocals, riffing sempre pesante ma che qui presenta una particolare predilezione per un certo "groove" di fondo, inserimento di parti di violino in alcuni brani… insomma, strutture sempre più comuni di un normale album gothic alla Crematory che ad un normale lavoro della band statunitense.
Sia chiaro che, fortunatamente, i Novembers Doom ancora si salvano, e probabilmente non tocheranno più gli apici di bassezza della band cui li abbiamo paragonati, ma la sensazione è che Kuhr e compagni abbiano ormai preso una direzione ben precisa che vogliono continuare a percorrere.
The Dark Host brano d’apertura dell’album parte con un violino che poi sfocia in un brano che avanza compatto, massiccio, con il growling sempre profondo di Kuhr che tuttavia lascia spazio ad inserti di clean vocals ed aperture melodiche non più ricercate come in passato.
E se tutto ciò non bastasse, ci pensa la successiva Harvest Scythe a spingere ancora di più dalla parte della melodia in un brano scandito per la quasi interezza dalla voce pulita e da un riffing che per quanto sempre duro, si avvicina sempre a quelle soluzioni più moderniste.
I Novembers Doom sono sempre loro sia chiaro, le atmosfere malinconiche e drammatiche rimangono inalterate, tanto che il "mestiere" della band sa fondere nuove e vecchie influenze lasciando inalterato il trademark della band; ma quel sapore affascinante, ricercato, sembra essere in parte perso, manca lo smalto di album magici come Pale Haunt Departure.
Non mancano poi le "comparsate" di turno: su What Could Have Been in cui le note sono scandite da un violino e da malinconici arpeggi di chitarra, presta la sua voce la storica Anneke Van Giesbergen (The Gathering) la cui prestazione è tuttavia eclissata da un brano, a parere del sottoscritto, soporifero e trascurabile, decisamente meglio invece quella di Dan Swano (Edge of Sanity) protagonista nella mini-saga Of Age and Origin (divisa in Part 1: A Violent Day e Part 2: A Day of Joy) in cui tralaltro a sprazzi, e specie nella seconda parte, si risentono finalmente i vecchi Novembers Doom.
Aphotic si pone pertanto sulla falsariga del suo predecessore, e rappresenta un altro capitolo decisamente poco convincente di una band che in passato di ottimi album ne aveva tirati fuori a bizzeffe. Se non altro agli statunitensi rimane il coraggio di aver voluto intraprendere una strada che farà storcere il naso ai fans di vecchia data, ma che soprattutto tende a far perdere quel fascino all’inconfondibile sound marchio di fabbrica.
Track-list:
01. The Dark Host
02. Harvest Scythe
03. Buried
04. What Could Have Been
05. Of Age and Origin - Part 1: A Violent Day
06. Of Age and Origin - Part 2: A Day of Joy
07. Six Sides
08. Shadow Play
(Full-lenght, The End Records, Maggio 2011)
Voto: 6/10
Genere: Melodic Doom/Death
Line-up: Paul Kuhr (voce), Vito Marchese (chitarra), Larry Roberts (chitarra, voce), Mike Feldman (basso), Sasha Horn (batteria)
Il nuovo sentiero stilistico l’avevano tracciato quattro anni fa, proseguito nel 2009 con il deludente Into Night’s Requiem Infernal e consolidato con il qui presente Aphotic, ottava fatica in studio del combo dell’Illinois.
Autori da sempre di un melodic/death atmosferico ed intricato, capace com’era di strizzare l’occhiolino ad una certa componente "gotica" senza per questo risultare ruffiani, i Novembers Doom hanno da sempre rappresentato per il sottoscritto una band di notevole valore artistico. La svolta intrapresa qualche anno fa, mi lasciò un pò perplesso, ma se quel The Novella Reservoir rappresentava a mio giudizio ancora un lavoro apprezzabile, il suo successore mi aveva fatto decisamente storcere il naso.
Aphotic non fa altro che confermare la nuova strada intrapresa dalla band, che continua sulla scìa di una certa semplificazione delle strutture che la porta sempre più ad avvicinarsi a qualcosa di decisamente più mainstream e meno intimistico.
Ancora più spazio pertanto alle clean vocals, riffing sempre pesante ma che qui presenta una particolare predilezione per un certo "groove" di fondo, inserimento di parti di violino in alcuni brani… insomma, strutture sempre più comuni di un normale album gothic alla Crematory che ad un normale lavoro della band statunitense.
Sia chiaro che, fortunatamente, i Novembers Doom ancora si salvano, e probabilmente non tocheranno più gli apici di bassezza della band cui li abbiamo paragonati, ma la sensazione è che Kuhr e compagni abbiano ormai preso una direzione ben precisa che vogliono continuare a percorrere.
The Dark Host brano d’apertura dell’album parte con un violino che poi sfocia in un brano che avanza compatto, massiccio, con il growling sempre profondo di Kuhr che tuttavia lascia spazio ad inserti di clean vocals ed aperture melodiche non più ricercate come in passato.
E se tutto ciò non bastasse, ci pensa la successiva Harvest Scythe a spingere ancora di più dalla parte della melodia in un brano scandito per la quasi interezza dalla voce pulita e da un riffing che per quanto sempre duro, si avvicina sempre a quelle soluzioni più moderniste.
I Novembers Doom sono sempre loro sia chiaro, le atmosfere malinconiche e drammatiche rimangono inalterate, tanto che il "mestiere" della band sa fondere nuove e vecchie influenze lasciando inalterato il trademark della band; ma quel sapore affascinante, ricercato, sembra essere in parte perso, manca lo smalto di album magici come Pale Haunt Departure.
Non mancano poi le "comparsate" di turno: su What Could Have Been in cui le note sono scandite da un violino e da malinconici arpeggi di chitarra, presta la sua voce la storica Anneke Van Giesbergen (The Gathering) la cui prestazione è tuttavia eclissata da un brano, a parere del sottoscritto, soporifero e trascurabile, decisamente meglio invece quella di Dan Swano (Edge of Sanity) protagonista nella mini-saga Of Age and Origin (divisa in Part 1: A Violent Day e Part 2: A Day of Joy) in cui tralaltro a sprazzi, e specie nella seconda parte, si risentono finalmente i vecchi Novembers Doom.
Aphotic si pone pertanto sulla falsariga del suo predecessore, e rappresenta un altro capitolo decisamente poco convincente di una band che in passato di ottimi album ne aveva tirati fuori a bizzeffe. Se non altro agli statunitensi rimane il coraggio di aver voluto intraprendere una strada che farà storcere il naso ai fans di vecchia data, ma che soprattutto tende a far perdere quel fascino all’inconfondibile sound marchio di fabbrica.
Track-list:
01. The Dark Host
02. Harvest Scythe
03. Buried
04. What Could Have Been
05. Of Age and Origin - Part 1: A Violent Day
06. Of Age and Origin - Part 2: A Day of Joy
07. Six Sides
08. Shadow Play
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