NECRODEATH - "The 7 Deadly Sins"
(Full-lenght, Scarlet Records, Maggio 2014)
Voto: 7/10
Genere: Thrash/Black
Line-up: Flegias (voce), Peso (batteria), Pier (chitarra), GL (basso)
(Full-lenght, Scarlet Records, Maggio 2014)
Voto: 7/10
Genere: Thrash/Black
Line-up: Flegias (voce), Peso (batteria), Pier (chitarra), GL (basso)
The 7 Deadly Sins ovvero i Sette Peccati Capitali: si ripresentano con questo “concept” i Necrodeath
dopo tre anni di silenzio discografico, un ritorno sempre gradito
quello di questo pezzo di storia del metal tricolore e non solo,
malgrado le ultime uscite a parere del sottoscritto decisamente sotto
tono; non il massimo dell’originalità per carità ma non è certo questo
che chiedevamo a Flegias e soci per l’occasione.
Che poi parliamoci chiaro…l’ultimo grande lavoro della band genovese risale all’ormai lontano 2006, quel 100% Hell che chiudeva il cerchio del periodo di massima ispirazione dei nostri aperto da quel Mater of All Evil che
faceva rivivere il nome della band che forse più di ogni altra aveva
portato alto il vessillo tricolore fuori dai confini nazionali negli
eighties. Sembra ancora ieri, eppure quanta ne è passata d’acqua sotto i
ponti.
Gli ultimi lavori non mi avevano per nulla entusiasmato, quel Draculea non
particolarmente ispirato ed arrivato forse troppo a ridosso dell’ottimo
predecessore cui pagava dazio, fino ad arrivare all’ultimo Idyosyncrasy che mi aveva fatto quasi temere una definitiva “deriva” dei nostri.
Inutile negare che il mio timore nei confronti di questo The 7 Deadly Sins appariva
piuttosto concreto in virtù di quanto avevo ascoltato ed anche di
quanto avevo modo di constatare on-stage per una band che sembrava ormai
pagare dazio con gli anni che passano per tutti. Ma quando c’è onestà,
quando c’è voglia di fare e di sapersi mettere sempre in discussione c’è
poco da temere e Flegias in tal senso, sempre in pista da ormai quasi trent’anni con la sua creatura, è sempre una garanzia.
The 7 Deadly Sins non sarà un capolavoro, non sarà
un album per cui strapparsi i capelli ma è un album onesto, vero, che ci
mostra una band ancora viva e vegeta, che non pesta più come qualche
anno fa ma che mantiene inalterata quell’aura per certi versi oscura che
ha sempre caratterizzato le sue produzioni. Anzi, a dire il vero
sull’album in questione è proprio questa oscurità, questa sorta di
misticismo a farla da padrone rispetto alle bordate thrash-black cui la
band ci aveva da tempo abituati.
Ovvio che l’album si compone di un brano per ogni peccato capitale ai
quali tuttavia se ne aggiungono due che, pur entrandoci come cavoli a
merenda nell’arco dei sette peccati, si adattano alla perfezione al mood
generale del lavoro; stiamo parlando di Thanatoid e Graveyards of the Innocents due pezzi originariamente composti sul finire degli 80’s ed oggi ri-registrati e riadattati.
Chi ha avuto modo di ascoltare il singolo apripista Wrath avrà
pensato probabilmente ad un ritorno dei genovesi alle sonorità
primigenie. Effettivamente il brano è un pugno in faccia diretto e
feroce, una cavalcata thrash-black in pieno Necrodeath-style che
tuttavia non rappresenta in toto le atmosfere di un album che si
barcamena tra pezzi decisamente più tirati ed altri più cadenzati; un
interessante alternarsi di mid-tempos e pezzi più ferali che non fa
altro che aumentare la gradevolezza di un album “diverso” rispetto ai
soliti, con l’interessante novità del cantato di Flegias che
inserisce all’interno dei propri pezzi numerosi sprazzi in lingua madre
che conferiscono quell’aura particolare di “misticismo” cui le
tematiche affrontate giustamente riportano.
L’album parte subito sparato in quarta con l’opener Sloth (pigrizia)
introdotto da una sezione ritmica tritatutto ed un riffing al vetriolo
spezzato al suo interno da improvvisi rallentamenti e ripartenze che
sembrano quasi voler rappresentare un manifesto alle intezioni dei Necrodeath del 2014.
Già con la successiva Lust (lussuria) si capisce che
non ci troviamo di fronte al solito album fatto di pezzi di per sè
buttati in un contesto “casuale”; il pezzo in questione è infatti un
affascinante mid-tempo il cui ritornello è seguito da un arpeggio quasi
malvagio ed evocativo. Con Envy (invidia) si torna
invece su terreni decisamente più istintivi, un pezzo se vogliamo più
“tamarro” rispetto al resto del lotto con tanto di chorus acchiappone.
Già detto di Wrath singolo apripista del lavoro:
l’ira, altro peccato capitale, si estrinseca proprio nella feralità di
un pezzo in cui le ritmiche black con la grancassa presa a martellate
rappresenta un biglietto da visita interessante per chi volesse ancora
sentire da dove arrivano i Necrodeath.
Altra menzione particolare per la “nervosa” Greed (avidità),
pezzo più articolato in cui viene fuori tutta l’abilità strumentale
della band e soprattutto l’efficiacia vocale di un Flegias che,
per quanto sia ancora aspramente criticato per le sue performance live,
si dimostra sempre quel grande artista qual’è, e sticazzi che non
piaccia dal vivo l’opera dell’artista è sempre e soltanto il disco, il
resto è contorno….
Non saranno quindi i Necrodeath dei bei tempi che furono, così come questo The 7 Deadly Sins non
sarà un capolavoro, resta però che stiamo parlando di un buon album e
soprattutto di un bel ritorno in scena di una band che continua a
portare avanti con onestà il proprio nome alla vigilia del trentennale
della carriera e con già dieci album (oltre a questo) alle spalle.
Quante altre pluridecorate realtà italiane cui basta passare da “miti”
suonando quattro date all’anno in festival estivi senza rischiare di
mettersi di nuovo in discussione, possono forgiarsi di tutto questo???
Poche, pochissime…
01. Sloth
02. Lust
03. Envy
04. Pride
05. Wrath
06. Gluttony
07. Greed
08. Thanatoid
09. Graveyard of the Innocents

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