IHSAHN - "Arktis."
(Full-lenght, Candlelight Records, Aprile 2016)
Voto: 9/10
Genere: Avantgarde/Progressive Metal
Line-up: Ihsahn (voce, chitarra, tastiere, basso)
(Full-lenght, Candlelight Records, Aprile 2016)
Voto: 9/10
Genere: Avantgarde/Progressive Metal
Line-up: Ihsahn (voce, chitarra, tastiere, basso)
Non sempre è semplice, e di agevole comprensione, avvicinarsi ad opere "moderne" di artisti che hanno segnato la storia del metal estremo in specie negli anni novanta. Difficile contestualizzare molte volte l'animo artistico di musicisti al tempo bollati come meri portatori di un'oltranzismo concettuale, prima ancora che musicale, troppo fine a se stesso nascondendosi troppe volte con incredibile superficialità dietro la mancanza di "perizia tecnica" alla base di un certo modo di comporre musica.
Nel corso degli anni tante sono state tuttavia le prove del contrario; partendo dalla base potremmo dire che il black metal ha cambiato completamente la concezione della musica, passando dall'austerità e dalla monoliticità di un genere che sembrava ormai aver sparato tutte le proprie cartucce, all'aprirsi di nuovi orizzonti artistico/compositivi che nel tempo sono arrivati a contaminare anche generi di partenza lontani dallo stesso concetto black propugnato dai maestri norvegesi.
Se poi ci addentriamo nell'analizzare l'evoluzione artistica degli attori stessi, ecco che capiremo facilmente come, dietro le bollature ignoranti e superficiali dei puristi della "perizia tecnica", c'erano invece artisti a tutto tondo, capaci di evolvere album dopo album fino a portare il proprio genere ben aldilà dell'immaginario collettivo. Qualche esempio? Ulver, Arcturus, Borknagar, Enslaved, In the Woods ed anche e soprattutto gli Emperor, quegli Emperor che vedevano proprio Ihsahn come leader maximo di quella che con ogni probabilità rappresenta la formazione più avanguardista della prima ondata black metal, quella del celebre "inner-circle".
La band di Notodden del resto è stata la prima ad inserire le tastiere (seppur con accezione diversa da quella poi portata dall'ondata symphonic successiva), così come è stata la prima ad evolvere sulla scorta di album come "IX Equilibrium".
Lo scioglimento della band norvegese ha così dato possibilità ad Ihsahn di dare sfogo al proprio animo artistico mai troppo celato e con "Arktis." sfocia definitivamente in un turbillon di influenze musicali mai così disparate seguitando a colpire con un certo retrogusto prog/black a cui vanno ad aggiungersi sprazzi, sempre presenti, di heavy metal classico, un utilizzo sempre più marcato di clean vocals e pesanti inserti di elettronica.
Ripercorrendo il cammino artistico da solista del musicista nordico, probabilmente finora non si era mai assistito ad un così vasto e variopinto calderone musicale che fa di "Arktis." il miglior episodio ad oggi dai tempi di "The Adversary" (2006) ad oggi.
Dieci tracce per quarantotto minuti di musica ipnotica ed in cui le sorprese sono sempre dietro l'angolo. Episodi esaltanti sia quando ci si addentra in territori più "classici" ("Disassembled", "In the Vaults") sia quando invece si scopre una sorprendente e clamorosa vena electro/techno come nell'inquietante "South Winds".
Sprazzi di Opeth caratterizzano la già citata opener "Disassembled" il cui riff intricato mostra il lato più prog dell'artista, la successiva "Mass Darkness" così come "In the Vaults" rappresentano invece il giusto compromesso tra un chitarrismo di chiara ispirazione classica e le atmosfere fredde e per certi versi inquietanti che l'animo di Ihsahn vuole trasmettere ad un lavoro gelido e desolante come le fredde lande artiche.
Ma parlavamo di "South Winds" probabilmente il pezzo che maggiormente colpisce sia per il suo incedere particolare, sia soprattutto per la capacità di dipingere i già descritti scenari apocalittici con il solo incedere e progredire di un pezzo introdotto da un beat stonato e dissonante, tanto scarno quanto quasi fastidioso nell'incedere iniziale. Vere e proprie frequenze elettroniche accompagnate da una drum-machine essenziale e nervosa, rarefatta, sul cui contorno viene costruito un pezzo su cui viene gridata la rabbia di Ihsahn improvvisamente sferzata da un refrain melodico, lungo giusto 7-8 secondi, che viene improvvisamente bloccato proprio dall'incedere particolare del pezzo con quel beat che torna protagonista quasi a voler perseguitare l'ascoltatore di turno.
Basterebbe di per sè solo questo pezzo per descrivere l'andamento di un album che regala sorprese pezzo dopo pezzo. Sia che si torni su territori maggiormente prog come in "Until I Too Dissolve" sia che si punti ad atmosfere più oscure come nella malinconica "Celestial Violence" senza dimenticare di stupire ulteriormente l'ascoltatore nientemeno che con fortissimi inserti al limite del pop nella spiazzante "Crooked Red Line" che ci mostra a maggior ragione, se mai ce ne fosse stato bisogno, come l'animo dell'artista sia incredibilmente articolato ed aperto e pronto a far sua, come una spugna, qualsiasi influenza musicale possibile.
"Arktis." rappresenta finora l'apice compositivo di Ihsahn un'artista a tutto tondo, uno che sa sempre stupire l'ascoltatore e soprattutto portare avanti un percorso artistico/musicale/concettuale che rappresenta la degna conferma di come chi ha contribuito a rendere grande il nostro genere musicale continua ancora a disegnarne strada ed evoluzione.
Track-list:
01. Disassmbled
02. Mass Darkness
03. My Heart is of the North
04. South Winds
05. In the Vaults
06. Until I Too Dissolve
07. Pressure
08. Frail
09. Crooked Red Line
10. Celestial Violence
Commenti
Posta un commento